CASO CODAZZI. APPUNTI PER L'AGGIUNTIVA AL RICORSO IN APPELLO
Sequestrato senza possibilità di difesa
Ogni mezzo, compreso il discredito, è buono per evitare l'accertamento delle responsabilità di una gravissima azione compiuta dai "tutori dell'ordine" ai danni di un cittadino innocente

di LUCIANO CODAZZI

Mentre aspetto che venga fissato il processo d'appello per l'ingiusta condanna (calunnia) inflittami dal Tribunale di Sondrio, ricorrendo in giugno il 1° anniversario (la sentenza è infatti del 10 giugno 1997), intendo via via rendere pubblici gli appunti che vado annotando sia per ricostruire al meglio tutti i diversi passaggi della vicenda, sia per evidenziare le contraddizioni e le vere proprie falsità che sono contenute nel fascicolo del relativo procedimento. I motivi dell'appello sono già stati pubblicati, così come redatti dal mio legale (Franca Alessio, «Nemmeno i figli si possono difendere così!», 'l Gazetin, settembre 1997). Questi appunti serviranno invece per una memoria aggiuntiva che intendo depositare alla Carte d'Appello di Milano prima della celebrazione del processo. Il racconto sarà parecchio lungo, per cui - con l'aiuto della redazione - l'ho organizzato in diverse puntate nelle quali verranno messi a fuoco i singoli problemi. Ogni puntata sarà inoltre corredata da alcune chicche delle falsità riscontrate nel fascicolo processuale.

Occorre riferire e ben illustrare, rispetto all'episodio del "fermo" da parte della pattuglia dei Carabinieri di Novate Mezzola, le modalità del tutto arbitrarie e improntate ad arrogante prepotenza con le quali lo stesso viene condotto. In particolare il fatto che mi venne impedita la possibilità sia di richiedere la presenza del mio difensore, sia di venire accompagnato al Comando superiore, sia di completare la telefonata che - in un attimo di distrazione dei militi - ero riuscito a fare al 113 (è possibile che siano ancora conservate le registrazioni di quella telefonata?!) venendo addirittura privato della moneta e dei gettoni perché non potessi in alcun modo riprovarci. Lo stesso dicasi per le mie richieste di "soccorso" lanciate a dei passanti, dei quali ho poi accertato le identità, o rivolte a Lino Serpellini (già Sindaco di Novate) e Signora suonando il campanello della loro abitazione che si trova proprio a fianco della caserma. Tutti costoro potrebbero costituire degli utili testimoni.
   Analogamente, va evidenziata la situazione di difficoltà e di grave disagio in cui mi sono trovato nelle settimane e nei mesi immediatamente successivi, risultando privato della carta d'identità e risultando incredibilmente vani i tentativi da me compiuti per rivenirne in possesso, come provano le denunce e gli esposti rivolti alle autorità. Si pretendeva, per rilasciare un nuovo documento, che io dichiarassi il falso sostenendo di averlo smarrito, mentre invece era rimasto sul furgone assieme alla merce, ad altri documenti, al borsellino portamonete e alla scorta di denaro contante che mi necessitava e che, come sempre, tenevo opportunamente nascosto... Non va mai scordato che sono rimasto in tale situazione per 2.100 giorni (dal 18 maggio 1990 al 16 febbraio 1996), come ho sempre affermato e riferito in svariate occasione, anche ad esempio per spiegare la ragione per la quale non mi sono potuto recare ad interrogatori e udienze («Venite a prendermi!», ho sempre insistentemente richiesto, «Perché sono sprovvisto di documento...». E ciò veniva preso per una mia bizzarria, per un comportamento "strano" e anomalo, per una stravaganza, come risulta talvolta dai verbali o dai rapporti di PG, senza mai essere preso sul serio e considerato con l'importanza dovuta, anche quale elemento di indagine e di accertamento della verità dei fatti, che invece mai si è cercato di effettuare attraverso confronti diretti o riscontri documentali).
   Quanto sopra attesta le difficoltà che sono state frapposte alla possibilità di una mia corretta e piena difesa e costituisce anche la chiave di spiegazione per alcune vicende emerse sia nel procedimento specifico che in altri collegati.
   Va inoltre annotato che il fatto di Novate Mezzola costituisce la seconda occasione in cui sono divenuto vittima di una sorta di "sequestro di persona" (per il primo caso si veda la vicenda di Menaggio, cui già ho accennato nei miei racconti e sulla quale potrò tornare una volta chiarita, e magari risolta, la questione di Novate).
   Occorre infine far rilevare che la Pattuglia non ha nemmeno controllato il cronotachigrafo, che è una sorta di "scatola nera" per i mezzi al di sopra di una certa portata. Si tratta di un controllo di routine, sempre regolarmente effettuato in occasione di fermi per qualsiasi motivo e che si sarebbe ancor più reso necessario se vi fosse stato il sospetto che io fossi in stato di ubriachezza, come hanno poi cercato di sostenere (ma inutilmente) i Carabinieri.

(1. segue)

I falsi contenuti negli atti

  1. Il guidatore ubriaco...
    Fermato a Novate... sulla 38(!)
    Nel verbale, i Carabinieri di Novate dicono che sono stato fermato «sulla S.S. 38» (È proprio questa la Statale?) e che «viaggiavo zigzagando» e «sulla corsia contraria»... Però non ho mai investito nessuno, benché sia dagli anni '50 che guido! Dicono, ancora, che mi hanno fatto fermare «in uno spiazzo poco più avanti». Falso! Come è poi risultato dagli atti del procedimento per ubriachezza in Pretura di Morbegno, mi hanno fatto girare il mezzo sulla statale e salire fino al parcheggio antistante la Caserma.
  2. Il nipote
    «La mattina dello stesso giorno viene contattato il nipote AZZALINI Placido»... affinché venissi contattato o andasse lui stesso a riprendere il mezzo. In base alle regole assicurative, avrei dovuto quanto meno verificare che il nipote fosse munito di patente idonea per rimuovere quel mezzo! Inoltre, essendo io l'intestatario di quell'assicurazione per danni a terzi, furto, incendio, ecc. avrei dovuto firmare il modulo per il subentro di un'altra persona. L'Azzalini poi, sempre stando a quelli della Benemerita, «prendeva contatti telefonici...». Dove e come? se io non ero ancora nemmeno rientrato a Buglio?
  3. Il portafoglio
    Si legge ancora nei rapporti dei militari che mi sarebbe stato restituito il portafoglio... Dopo 9 mesi dalla prima volta che mi era stato inviato ed io avevo rifiutato di ritirarlo... «questa volta accetta»... Falso! Mi sono sempre rifiutato di firmare alcuna ricevuta liberatoria perché avrei dovuto sottoscrivere il falso (cosa che li avrebbe sollevati dalle loro responsabilità) e comunque dichiarazioni per me non accettabili.

(...altre chicche, con la prossima puntata)

(da 'l Gazetin, GIUGNO 1998)


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