SCHIARITA A MILANO
Luciano Codazzi NON è un calunniatore!
E ora come la mettiamo, signori del Tribunale di Sondrio?

Milano, venerdì 25 settembre 1998. Nel calendario della 4ª Sezione Penale della Corte d'Appello è fissata l'udienza per il dibattimento del ricorso presentato da Luciano Codazzi contro la vergognosa sentenza del Tribunale di Sondrio che, poco più di un anno prima, l'aveva ritenuto colpevole di calunnia infliggendogli una pesante condanna (un anno e otto mesi!), a conclusione di un farsesco procedimento, nel quale per altro non sono mancati i lineari comportamenti di integerrimi servitori dello Stato. Degno di nota, ad esempio, quello dell'ufficiale di p.g. Battaglia che, in un clima tanto torbido, condusse un ineccepibile interrogatorio dell'imputato che il collegio giudicante (ricordiamolo: F. Fanfarillo, A. Gerosa e F. Giorgi) ha bellamente ignorato arrampicandosi sugli specchi di testimonianze strampalate.
   La mattina inizia presto per Codazzi. Dopo una notte insonne passata su un divano presso il domicilio di Renato Bolzoni (amico incontrato in questi anni di ostinata ricerca di un po' di giustizia) - a Morbegno, perché non c'è una linea che scende da Buglio in tempo per il primo treno per Milano - arriva con grande anticipo davanti al Palazzo di Giustizia (la convocazione è per le 9). Altrettanto "puntuale" il difensore, avv. Franca Alessio di Lecco, partita con un'ora d'anticipo per il timore, causa qualche imprevisto sempre possibile quando si è sulla strada, di lasciare il suo patrocinato senza difesa (situazione, infatti, verificatasi per altre udienze tenutesi nella mattinata). Oltre al sottoscritto, a comporre il gruppo pro-Codazzi, ma è più esatto dire pro-Giustizia, sopraggiunge Pietro Palau Giovannetti, presidente del Movimento per la giustizia "Robin Hood", reduce da un'audizione al TAR per una sospensiva rispetto a una vicenda di cui avremo modo di occuparci prossimamente.
   Codazzi sarà l'ultimo ad essere chiamato, quand'è ormai mezzogiorno. Emozione e tensione si tagliano a grandi fette nello spazio che ancora separa quell'uomo col cappello, che dignitoso passeggia nel corridoio, dall'aula. Qui, a differenza che in quella di Sondrio (e a tutti noi fa ricordare l'amico Bernardo Gabriele Ferrari, rimasto a Tirano per preparare con Giovanni Grignano un altro importante "appuntamento" in quel di Trento), la scritta «LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI» campeggia a caratteri cubitali.
   La relazione della dottoressa Cinturelli (che con il dott. Piglionica e il Presidente, dott. Caccamo, compone la Corte) è precisa e puntuale («Le carte le ha studiate!», commentiamo tra il pubblico). «Sono un galantuomo» si limiterà a dire Codazzi, quando il Presidente gli chiederà se ha qualcosa da aggiungere «e confermo quanto ho scritto, dichiarato all'interrogatorio e quanto ha scritto il mio avvocato». Poi resterà lì, seduto al banco, immobile, in attesa... Il Procuratore generale Santamaria chiede la conferma della condanna - la tenacia e costanza con cui l'imputato si difende, sembra essere l'unica motivazione che porta, sarebbe supportata da intenti meramente risarcitori (embè? Vorrei vedere lui al posto del Luciano!); l'Avvocato Alessio ribadisce i motivi dell'impugnazione ('l Gazetin, settembre 1997) e, dopo aver prodotto altre carte concernenti l'emblematico comportamento dell'avv. Giuseppe Romualdi (dallo studio e a firma del quale, ricordiamolo, è uscita la lettera con la quale si è cercato di inguaiare Codazzi), evidenzia la stranezza del tempo (un mese) impiegato dalla fatidica lettera a raggiungere da Via Caimi, girato l'angolo, la Procura di Sondrio.
   L'ora e passa che trascorre in attesa del rientro della Corte in aula è facilmente immaginabile: i fumatori vi porranno sollievo con una dose massiccia di nicotina, Codazzi immobile al suo posto («Sono tranquillo: non mi possono condannare per qualcosa che non ho fatto», ma la tensione è soltanto camuffata, da quel corpo massiccio). I pronostici si sprecano: Palau è perentorio («Caccamo è un bravo giudice: severo, ma con chi lo merita!»), Bolzoni scaramantico («Lo assolvono! Lo assolvono!»), l'avv. Alessio pure, ma prudente («Ho paura! Sia il PG che il Presidente sono durissimi. Non hanno ancora riformato una sentenza...»). Io resto taciturno (non vorrei confondere i miei desideri per realtà). Più tardi, quando tutto è finito, Codazzi commenterà: «Avevo paragonato la mia vicenda alla salita al Calvario. Ma se con la condanna di Sondrio avevo raggiunto la cima, ora non può che iniziare la discesa...» E Luciano le cose le pensa, prima di dirle. È presente anche un altro valtellinese, l'avv. Angelo Schena, che attende la conclusione per un altro caso (una faccenda di vendita di carne all'epoca della "mucca pazza"). «Lo sai cosa mi hanno fatto...» gli dice il Codazzi. «Lo so bene», risponde l'altro, «ma vedrai che qui comincerai a trovare giustizia». Così mi riferisce il giorno dopo Codazzi che, puntiglioso nei confronti degli autori delle malefatte subite, lo è altrettanto per esprimere gratitudine nei confronti di chi lo ha aiutato o soltanto incoraggiato.
   «In nome del popolo italiano», etc. etc. È passata l'una: Caccamo legge l'atteso verdetto. Luciano Codazzi non è un calunniatore! La grottesca sentenza di Sondrio è riformata. Che la giustizia sia veramente uguale per tutti? Vedremo... La schiarita del 25 settembre, intanto, ha riacceso la speranza.
   (Peccato che inconvenienti da inetto fotoreporter abbiano lasciato un tenue ricordo documentale, appannato dall'emozione, di quell'aula e nessuno della gioia che è seguita! Ma non sarà certo una pila scarica o un rullino mal inserito a sminuire il ricordo di quei momenti, in chi li ha vissuti).

Es

[DIDASCALIA DELL'ILLUSTRAZIONE:]
La nebbia di Milano non ha offuscato il cervello dei giudici

(da 'l Gazetin, OTTOBRE 1998)


Torna all'indice CASO CODAZZI o alla Home Page Gazetin