caso Fallimento GIANONCELLI



Dedicato a Peppino Gianoncelli

a cura del COMITATO "INSIEME PER LA GIUSTIZIA"



«Chi chiude l’orecchio alle suppliche del povero, griderà anch’egli e non gli si risponderà».
(dalla Bibbia: "Libro dei Proverbi" – 21, 13)
«Conosco la tua tribolazione e la tua povertà – ma sei ricco […]. Non temere ciò che stai per soffrire […] sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita […]».
(dalla Bibbia: "Apocalisse" – Lettera a Smirne)


Il Giudice delegato al fallimento della Società Gianoncelli, dott. Fabrizio Fanfarillo, in un decreto emesso nel mese di novembre 2000, asseriva che Peppino Gianoncelli, aveva documentato di essere ammalato, «sebbene non in forma grave» (!!!). Magari avesse avuto ragione!!! Peppino, da molto tempo soffriva di una grave patologia la quale, pochissimi giorni dopo la suddetta affermazione del Giudice delegato, è degenerata.
In questi ultimi otto mesi, passati quasi integralmente in ospedale, ha lottato per la vita, con la forza e con la determinazione che da sempre lo hanno contraddistinto. Non ha esitato a lasciar sperimentare su di sé una nuovissima tecnica chirurgica (è stato il primo in assoluto a subire un simile intervento), che aveva fatto riaccendere la speranza. Era tornato a casa e sembrava in lenta, ma progressiva ripresa. La vigilia di ferragosto, improvvisamente, il suo cuore, stanco e duramente provato, ha cessato di battere. Si è spento serenamente, senza un gemito. A fianco aveva l’adorata moglie Linda e il figlio Giorgio che lo tenevano per mano.
Peppino Gianoncelli ha lasciato un grande vuoto intorno a sé. Manca quella presenza silenziosa, quasi evanescente, ma tanto incisiva e determinata. Non aveva mezzi economici ma era ugualmente "ricco". Diceva spesso: «Meglio mangiare un tozzo di pane e vivere sotto un ponte, che perdere la propria dignità». E di dignità, in effetti, ne ha avuta da vendere. Con il fallimento della società, si è trovato, di punto in bianco, senza mezzi di sussistenza. Ha chiesto un sussidio agli organi della procedura, ma glielo hanno negato. Poi, finalmente, dopo circa due anni, l’agognata pensione, maturata con i contributi versati in anni e anni di duro lavoro. Troppo bello per poter durare! Ricorderanno i lettori de ‘l Gazetin il decreto con il quale il Giudice delegato disponeva che la pensione venisse acquisita dal fallimento e il decreto successivo con il quale, a parziale modifica, veniva disposto che la pensione sarebbe stata sospesa solamente, si badi, fino al mese di agosto 2002 (primo anniversario della sua morte). A seguito di ricorso, il Tribunale di Sondrio, revocando la decisione del giudice delegato, ha stabilito di corrispondere nuovamente la pensione, per il tramite del curatore, in importo pari a quello percepito nel mese di ottobre 2000.
Il sacrificio di Peppino avrà fruttato, complessivamente, al fallimento non più di cinquecentomila lire, importo questo pari alla somma del bonus fiscale di lire 350.000, erogato con la pensione di novembre, e degli aumenti pensionistici, nell’ordine di ventimila/trentamila lire mensili, erogati a far tempo dal mese di gennaio 2001. E intanto Peppino passava da un ospedale all’altro e sosteneva consistenti spese per visite specialistiche e terapie farmacologiche, nel vano tentativo di salvare la propria vita. Ma non è tutto. È morto senza manco percepire l’ultima pensione, in quanto le somme a lui spettanti venivano costantemente erogate in ritardo rispetto ai termini stabiliti con l’ordinanza del Tribunale.
Il Comitato Insieme per la giustizia non può tollerare, né dimenticare le tribolazioni patite da Peppino Gianoncelli e, come da egli espressamente richiesto, ne raccoglie il testimone affinché vengano resi onore e giustizia alla sua memoria.



(da 'l Gazetin, SETTEMBRE 2001)



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