caso Fallimento GIANONCELLI |
FALLIMENTOPOLI. LA
PARADIGMATICA VICENDA DELLE PENSIONI DEI GIANONCELLI
Illustrissimi
del Tribunale:
«E se fossero i vostri figli?»*
Un
vero e proprio accanimento, senza un attimo di tregua, contro i
malcapitati di turno
Con una tempistica che riduce il rito della
giustizia alla stregua di una partita a scacchi: una fredda teoria di
mosse e contromosse
a cura del Comitato territoriale "INSIEME PER LA GIUSTIZIA"
Franco Gianoncelli, all’indomani del dibattito tenutosi alla Piastra, sul tema "Il fallimento – un dramma umano e sociale", era un uomo nuovo. Aveva ritrovato la carica. Aveva incontrato persone che non vedeva da tempo, venute da più parti della provincia di Sondrio per tributargli affetto e solidarietà. Aveva capito che nulla era cambiato nei sentimenti di coloro (clienti, fornitori, amici) che avevano avuto modo di apprezzare la sua onestà e la sua serietà professionale. Il fratello Peppino, purtroppo, non ha potuto vivere quel bel momento di gloria perché era ricoverato in ospedale, dove ha trascorso anche il giorno di Natale. A lui vanno i nostri migliori auguri per una pronta guarigione.
"Versate le pensioni ai Gianoncelli"
(Francesco
Saverio Cerracchio, La Provincia
19/12/2000)
ma solo 12
mensilità, mi raccomando!
Abbiamo appreso dalla
stampa che le pensioni erano state "sbloccate", con un
provvedimento del Tribunale di Sondrio, depositato nella medesima
data della riunione. Tutto sembrava andare a gonfie vele. Avremmo
voluto ringraziare pubblicamente il Tribunale di Sondrio, ma la
nostra gioia è durata quanto i sogni della piccola
fiammiferaia. Con la sentenza, notificata ai diretti interessati il
21 dicembre 2000, il Tribunale di Sondrio aveva disposto lo svincolo
delle pensioni (nei limiti di cui diremo appresso) ma aveva rigettato
il ricorso per quanto riguardava i crediti d’imposta, pur
riconoscendo che i fratelli Gianoncelli avevano legittimamente
incassato gli assegni circolari. Il curatore, in esecuzione di tale
sentenza, o meglio di un simultaneo decreto del Giudice Delegato, ha
restituito ai diretti interessati le rate di pensione di novembre e
dicembre, ma non anche la tredicesima mensilità e il bonus
fiscale di lire 350.000 che l’erario ha rimborsato a tutti i
contribuenti per effetto della riduzione delle imposte.
«Scusi
curatore, c’è stata una svista – disse Franco
Gianoncelli – non ci sono stati restituiti gli importi della
tredicesima mensilità e dello sgravio fiscale 2000».
«Non
c’è alcuna svista – rispose il dott. Marco
Cottica – tali somme sono state acquisite al fallimento.
Se avete qualcosa da ridire fate ricorso. Tanto siete abituati».
Nel
precedente numero avevamo riferito che, nel mese di novembre 2000,
Franco e Peppino Gianoncelli avevano chiesto che il Giudice delegato
lasciasse nella loro disponibilità l’intera pensione,
stanti le disagiate condizioni economiche e le precarie condizioni di
salute di entrambi. La richiesta è stata presa alla
lettera. Il Tribunale di Sondrio ha disposto la rifusione delle
rate di pensione solamente per un importo pari a quello percepito dai
falliti nel mese di ottobre. Non una lira di più. Cosa importa
se nel frattempo sono lievitati i costi di gas, luce, acqua potabile,
gasolio per riscaldamento? Cosa importa se con la manovra finanziaria
è stato ridotto il carico fiscale, soprattutto per i
contribuenti a basso reddito? A che giova che il Governo abbia in
programma di aumentare le pensioni più basse perché
ritenute inadeguate? Quello che vale per la generalità dei
contribuenti e dei pensionati non vale per Franco e Peppino. Gli
incrementi retributivi collegati all’abbattimento delle
imposte, così come quelli collegati all’inflazione
verranno introitati, sine die, dal fallimento.
Che dire poi
della mancata erogazione della tredicesima mensilità, la
quale, per legge, è impignorabile, in quanto finalizzata alle
spese straordinarie tipiche delle festività natalizie (regali,
addobbi, pranzi, ecc).? Invece della gratifica natalizia, Franco e
Peppino hanno trovato sotto l’albero (si fa per dire) un
decreto, notificato il 21 dicembre 2000, con il quale il Giudice
Delegato, dott. Fabrizio Fanfarillo, intimava loro di
restituire, entro dieci giorni la somma inerente i crediti d’imposta,
pena la denuncia alla Procura, in caso di inadempimento, per reato
fallimentare (bancarotta). La storia insegna che persino i popoli in
guerra, in occasione del Santo Natale, interrompono le ostilità.
Ai fratelli Gianoncelli, invece , non è stato concesso un
attimo di tregua. I decreti del Giudice delegato debbono essere
impugnati in tre giorni (nel caso in specie entro il 24 dicembre). E
così, a tamburo battente, per poter salvaguardare i propri
diritti, Franco e Peppino hanno dovuto presentare il quarto ricorso,
la cui discussione è in programma per il giorno otto febbraio.
La questione crediti d'imposta
Il
Tribunale di Sondrio, senza effettuare alcuna analisi delle
dichiarazioni dei redditi prodotte dai falliti in sede di ricorso, ha
stabilito che i crediti d’imposta spettassero al fallimento.
Vorremmo effettuare talune nostre considerazioni al riguardo. I
crediti d’imposta, come noto a tutti i contribuenti, possono
derivare dal riconoscimento da parte dell’erario di detrazioni
per talune spese tassativamente elencate, quali spese funebri (a
Gianoncelli Franco nel 1995 è morta la moglie), interessi su
mutui ipotecari, assicurazioni sulla vita, spese mediche,
chirurgiche, per acquisto di medicinali, oppure da riduzione del
reddito in presenza di oneri deducibili (Franco e Peppino hanno
pagato consistenti somme per contributi INPS personali prima di
percepire la pensione), oppure più semplicemente da un calo
drastico di reddito rispetto a quello dell’esercizio precedente
e dal conseguente diritto al rimborso di acconti pagati in eccedenza
rispetto alle imposte dovute. La Società Gianoncelli ha
dichiarato perdite d’impresa a far tempo dal 1991. I crediti
d’imposta riscossi da Franco e Peppino a seguito della
presentazione del Mod. 730/2000 derivano dal rimborso di ritenute
d’acconto agli stessi prelevate dai sostituti d’imposta
sulla pensione o sui compensi di amministratori, percepiti dal 1993
al 1997 e versate all’erario in misura superiore alle imposte
dovute.
La logica che sta alla base del rigetto del ricorso dei
falliti è riconducibile al seguente concetto: «Il
pagamento delle imposte compete ai falliti. Il rimborso di acconti di
imposta pagati in eccesso (dai falliti a titolo personale)
deve essere ripartito tra i creditori». In altri termini:
«I debiti d’imposta sono vostri; se avete versato
imposte di troppo chiedete il rimborso e versatelo al fallimento».
Non rimane che attendere il giudizio della Corte di Cassazione, alla
quale i fratelli Gianoncelli sono in procinto di proporre
ricorso.
Come può, in ogni caso, il Giudice Delegato
ventilare il reato di bancarotta, se i fratelli Gianoncelli non
verseranno entro dieci giorni le somme inerenti il rimborso imposte
al fallimento? Non va dimenticato che solo in data 21 dicembre 2000 è
stato chiesto a Franco e a Peppino il versamento delle somme al
fallimento e che, in base ad orientamenti giurisprudenziali
consolidati, compete ai soggetti erogatori delle somme rifondere le
stesse al fallimento, con diritto di rivalsa sui percettori. Il
Tribunale di Sondrio, pertanto, stando agli orientamenti della
Cassazione, avrebbe dovuto individuare nell’INPS il soggetto
tenuto alla ripetizione delle somme inerenti i crediti d’imposta.
L’Inps, a sua volta, avrebbe potuto esercitare il diritto di
rivalsa nei confronti dell’Erario e quest’ultimo nei
confronti dei falliti. Con i precedenti decreti, il Gd non ha mai
chiesto la rifusione delle somme ma solo la consegna degli assegni
circolari, ottenuti da Franco e Peppino in pagamento della pensione
del mese di settembre 2000.
Non solo. Con il proprio decreto del
14 novembre, il Giudice medesimo, individuava nella BPS il soggetto
tenuto alla rifusione delle somme («manda al curatore di
chiedere alla Banca Popolare la ripetizione delle somme pagate con
gli assegni circolari»). Con il ricorso, presentato in data
16 novembre, avverso tale decreto, Franco e Peppino chiedevano, in
via principale che il Tribunale si pronunciasse favorevolmente in
merito ai crediti d’imposta e, in subordine, che la ripetizione
delle somme venisse chiesta, come indicato nel Decreto del Gd, alla
BPS. Prontamente (20 novembre 2000), il dott. Fanfarillo emanò
un decreto con cui disponeva «di soprassedere a chiedere la
ripetizione delle somme degli assegni alla Banca Popolare di
Sondrio». I ricorrenti, con le note dell’udienza,
depositate il 7 dicembre, precisavano, producendo giurisprudenza
consolidata, che, a prescindere dalla mutata decisione del Gd, i
soggetti tenuti a ripetere le somme erano gli istituti di credito che
avevano effettuato il pagamento, fermo restando il diritto di rivalsa
di questi ultimi nei confronti dei falliti. Il Tribunale di Sondrio,
in accoglimento parziale del ricorso, ha ammesso che Franco e Peppino
Gianoncelli, in base alla legge sugli assegni circolari, avevano
legittimamente incassato gli importi. Ci sono voluti quattro mesi e
tre ricorsi prima che il Tribunale di Sondrio sancisse questo
importante principio e prima che intervenisse pronuncia sulla
competenza delle somme rimborsate dall’erario.
Rammentiamo
che con la precedente sentenza, notificata ai falliti nel mese di
novembre 2000, il Tribunale di Sondrio, senza pronunciarsi sulla
competenza dei crediti d’imposta, aveva rigettato il ricorso
con il quale i falliti affermavano: «L’ordinanza del
Giudice Delegato è inapplicabile, in quanto al momento della
sua notifica avevamo già incassato legittimamente gli
assegni». Orbene, se, come ora è stato espressamente
riconosciuto dal Tribunale di Sondrio, gli assegni circolari sono
stati legittimamente incassati dagli intestatari e se solo ora
vengono chiesti in restituzione gli importi inerenti il rimborso
crediti d’imposta, significa che le somme incassate nel mese di
settembre sono rimaste legittimamente nella disponibilità dei
falliti, i quali hanno dovuto, peraltro, utilizzarle per sopperire
alla mancata erogazione delle pensioni di novembre e dicembre, le
quali, come anzi precisato, sono state dissequestrate solo in data 20
dicembre 2000.
È questa la legalità?
Quanto
dovranno ancora soffrire i signori Franco e Peppino Gianoncelli?
Siamo veramente sicuri che tutto quanto accaduto rientri nella piena
legalità? La nostra associazione ha intenzione di scoprirlo,
segnalando i fatti alle autorità competenti. Il Gd impiega un
attimo a stendere un decreto, con il quale può permettersi di
cambiare quanto affermato con i decreti precedenti, a seconda delle
linee difensive adottate dai falliti. I fratelli Gianoncelli, invece,
per ogni decreto sono costretti a presentare ricorso al Tribunale e,
visti gli esiti dei ricorsi precedenti, alla Corte di Cassazione, ma
soprattutto, ogni azione lesiva dei loro diritti e interessi
legittimi è un attentato alla salute. Peppino ne sa
qualcosa.
Vorremmo rivolgere una domanda a coloro che, forti del
potere, fanno del male alle persone deboli e indifese: Se un
giorno i vostri figli, o i figli dei vostri figli, si trovassero in
difficoltà e incontrassero sul loro cammino persone come voi,
ne sareste felici?
[DIDASCALIA DELLE ILLUSTRAZIONI (che vengono omesse
nella versione on line)]:
Vanna Mottarelli e Stefano
Bertelli, presidente e vice presidente di Insieme per la
giustizia. Sotto, il pubblico presente al dibattito del 15
dicembre, alla "Piastra" di Sondrio.
(da 'l Gazetin, GENNAIO 2001)
* Questo articolo, unitamente ad altri quattro contenuti nel presente medesimo dossier “Fallimento Gianoncelli”, è stato giudicato diffamatorio nei confronti del dott. Marco Cottica con sentenza della Corte d'Appello di Milano n. 2513/08 del 25 giugno 2008, passata in giudicato (Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 12594/11, depositata 14/06/2011).
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