caso Fallimento GIANONCELLI



CASO GIANONCELLI”. AVVIATO A SOLUZIONE IL CAPITOLO PENSIONE
Il “lusso” delle… spese legali
Dopo oltre due anni (e l’intervento del Prefetto) ripristinata la percettività diretta dell’intero ammontare mensile
Per gli arretrati si attende la Cassazione



a cura dell’Associazione “INSIEME PER LA GIUSTIZIA”



Franco Gianoncelli, dal mese di aprile 2003, può nuovamente percepire la pensione il giorno uno di ogni mese, nell’intero importo a lui spettante, presentandosi personalmente agli sportelli dell’ufficio postale. Un atto dovuto, che ha posto fine a un calvario durato due anni e mezzo, periodo interminabile, che ha lasciato segni indelebili. Il ricovero d’urgenza del 21 febbraio e il pace maker che porta nel cuore ne sono la prova più evidente. L’intervento del Prefetto, a seguito dell’appello da lui lanciato nel mese di gennaio, è stato determinante.

Il Presidente del Tribunale ha suggerito a Franco di presentare nuovamente domanda per ottenere l’intera pensione, comprensiva di arretrati. Franco ha aderito alla proposta, in quanto aveva la netta sensazione che, almeno per quanto riguardava la pensione, l’esito sarebbe stato favorevole e che anche in caso di rigetto da parte del Giudice Delegato, il Tribunale, in sede di ricorso, avrebbe accolto le sue richieste. Così è stato. Franco, questa volta, non ha nemmeno dovuto presentare ricorso al Tribunale, in quanto il G.D., diagnosticando un «aggravamento del suo stato di salute» rispetto a quello da egli reputato non grave in data 14/11/2000, concedeva l’intera pensione.

Il giudice ha ritenuto invece «inammissibile» la domanda degli arretrati con la motivazione che la questione della legittimità o meno dell’acquisizione alla massa è attualmente pendente in Cassazione. Franco aveva chiesto gli arretrati dal momento che il procuratore del fallimento, avv. Nicola Giugni, all’udienza collegiale del 20 febbraio aveva affermato che dei ricorsi per Cassazione  non risultava traccia. Nulla da obiettare sui motivi per cui la domanda è stata dichiarata inammissibile. Anche Franco ha interesse che sia la Cassazione a sciogliere i nodi di questa intricata vicenda…

La nostra Associazione non può, tuttavia, sottacere all’opinione pubblica e alle istituzioni pubbliche quanto affermato dal G.D. a proposito delle spese legali: «ritenuto che il richiamo operato dal fallito alle spese legali da egli sostenute per la proposizione dei ricorsi per Cassazione non è pertinente ai fini di cui all’art. 46, c. 2, L.F. non trattandosi ovviamente di spese attinenti al mantenimento del fallito e semmai potendosi desumere dalle stesse una capacità economica del fallito superiore a quella da egli lamentata». La frase ha ferito profondamente Franco, ultrasettantenne e molto malato, costretto a sbarcare il lunario, a far tempo dal mese di novembre 2000, con un importo fisso di L. 1.386.000 mensili, somma questa che gli veniva versate direttamente dal curatore (dalla seconda metà di ogni mese in poi)…

Quante volte si è dovuto umiliare a sollecitare il pagamento della pensione!!! Quante volte si è sentito rispondere che se la pensione non veniva pagata era perché non era ancora arrivata!!!

Il G.D. sa benissimo che le disavventure di Franco sono iniziate nel mese di settembre 2000, allorché l’INPS gli ha corrisposto dieci milioni di crediti di imposta, derivanti dal Mod. 730/2000, con assegno circolare a egli intestato e regolarmente incassato (somma che è servita anche per il pagamento di spese legali). Il dott. Fanfarillo non può aver dimenticato che, stante l’impossibilità di versare la predetta somma al fallimento, chiesta nel mese di dicembre 2000 (dopo tre mesi dall’avvenuto incasso e due mesi in cui gli era stata tolta completamente la pensione) Franco è sottoposto a procedimento penale. Non può essere nemmeno sfuggito, al giudice, che la somma di lire dieci milioni, versata al fallimento dall’Istituto bancario SanPaolo Imi, è stata prelevata dal conto di Patrizia, figlia di Franco, la quale è stata privata dei risparmi (lire 3 milioni) di otto mesi di lavoro, dopo otto anni di disoccupazione.

Che cosa avrebbe dovuto fare Franco secondo il G.D.? Rinunciare a esercitare il diritto di difesa? Come la mettiamo con la garanzia costituzionale?

Per ironia della sorte, Franco non poteva nemmeno contare sul gratuito patrocinio perché sulla carta, ma solo sulla carta, gli sono stati certificati tutti i redditi di pensione, compresi quelli che mensilmente rimanevano al fallimento. Informiamo comunque il Giudice che le spese legali sostenute da Franco erano stringate all’osso, in quanto, fortunatamente, è stato aiutato da avvocati che hanno capito la gravità della situazione e che hanno quindi limitato le parcelle alle spese vive o poco più. Cogliamo l’occasione per esprimere a tali avvocati il più vivo ringraziamento della nostra Associazione.

Franco nella propria domanda aveva spiegato che per lenire il dolore al ginocchio l’ortopedico gli aveva consigliato un farmaco costosissimo (circa 250 Euro), che non poteva acquistare con la sola pensione. Per questo motivo ha “osato” (alla luce delle affermazioni del giudice è proprio il caso di usare tale termine) far cenno alle spese legali che ha dovuto fronteggiare. Tali spese, sebbene di entità modica, erano pur sempre un onere insostenibile per una persona che poteva contare su un’entrata mensile di sole L. 1.386.000 (basti pensare al consistente importo in marche da bollo e alla domiciliazione per i ricorsi per Cassazione).

La nostra associazione biasima quanto affermato dal dott. Fanfarillo. Può un giudice comportarsi in questo modo? Se lo fa, evidentemente, vuol dire che gli è consentito farlo.

Anche per noi è d’obbligo una riflessione. Eravamo in molti al Palavobis a manifestare a favore dei giudici; ci siamo sobbarcati due giorni di pullman per manifestare a Roma in Piazza San Giovanni contro la legge Cirami. Alla luce di questa amara realtà dobbiamo proprio chiederci: ne valeva la pena?

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Il 3 aprile 2003 ci ha colto di sorpresa la notizia della morte di Lina Moretti, mamma di Franco Gianoncelli. Si era alzata presto, come tutte le mattine. Improvvisamente, senza un gemito, serenamente, come la fiamma di una candela a un alito di vento, si è spenta.

Per la sua famiglia e per tutti noi era una presenza significativa, un simbolo. Dietro l’apparenza di fragilità, dovuta in parte all’età, sfoderava un temperamento fiero e tenace. Testarda e indomabile, ha lottato on determinazione, fino all’ultimo, per difendere i suoi diritti e i suoi principi.

I pronipoti la chiamavano affettuosamente «la bis». Per noi dell’associazione era semplicemente «la nonna». Aveva dato disposizioni per la festa di compleanno. «Sarà forse il mio ultimo compleanno», aveva detto Lina alla nipote Mariella, «lo voglio festeggiare come si deve, con familiari, parenti e amici: menu a base di polenta taragna, crostata di frutta (dolce di cui era molto ghiotta) e, per finire in bellezza, la consueta partita a carte».

Purtroppo il 5 aprile non c’è stata alcuna festa di compleanno (il suo 93°, sarebbe stato). Attorno a Lina c’erano familiari, parenti, amici e molte persone che le volevano bene. C’erano Stefano Bertelli, presidente di Insieme per la giustizia e una folta delegazione di associati, venuti da ogni parte della Valtellina. Tutti insieme… per accompagnare “la nonna” nell’ultimo viaggio.



(da 'l Gazetin, APRILE 2003)



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