CASO CODAZZI. PRESTIGIOSI STUDI LEGALI E
AMMIREVOLI PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Delle "multarelle senza
conseguenze"
e delle "fotocarte d'identità"
Alcuni singolari e curiosi fatti, in
prove concrete, nella rocambolesca avventura di un povero
malcapitato negli ingranaggi di un sedicente paese civile
di LUCIANO CODAZZI
Nel raccontarvi la mia odissea
giudiziaria, ero giunto -ricorderete (cfr. «Una kafkiana condanna per bancarotta semplice»,
'l Gazetin, marzo 1997)- al rigetto dell'istanza di
riabilitazione civile a causa, così scrisse il Tribunale, di una
condanna inflittami dal Pretore di Menaggio nel 1972. Ricorderete
forse anche che tale gravame - «15/6/72. Pretore Menaggio L.
18.000 multa frode Imposte consumo» veniva indicato (e qui rettifico quanto imprecisamente
riferito in proposito la volta
scorsa) nel certificato generale del Casellario Giudiziale
redatto in data 19/11/1987 e allegato alla richiesta - non venne
considerato dai miei difensori (che erano i proc. legali dott.
Lucia FOPPOLI e dott. Marco BONOMO) motivo che potesse ostacolare
la concessione della riabilitazione. Di analogo avviso fu lo
stesso P.M. (il cui nome non viene riportato in sentenza) che
infatti si espresse favorevolmente.
Tutto ciò avveniva tra la fine del 1987 e i
primi mesi del 1988. Anni dopo, e precisamente lunedì 14
novembre 1994, alle ore 16.30, nello studio dell'avv. Paola
GIOVANNINI venni in possesso di copia del fascicolo relativo al
procedimento penale per calunnia intentato nei miei confronti
(già sapete delle condanna e del conseguente ricorso in
appello), costituito da fogli numerati da 1 a 127 e allegati da
«A» ad «H». L'avv. Giovannini mi avrebbe difeso in quel
procedimento, e infatti le avevo già dato un acconto di 500.000
lire (assegno 11/11/94), ma pretendeva assoluta "carta
bianca" e, inoltre, non voleva assolutamente sentir parlare
della faccenda della carta d'identità che invece io consideravo
prioritaria. Fu così che mi restituì l'assegno e mi consegnò,
appunto, il fascicolo. Questo lo voglio dire pubblicamente
perché altri avvocati, come di alcuni vi ho già riferito, si
sono tenuti i soldi ma non hanno certamente curato i miei
interessi!
Fra quei documenti, sotto la lettera «E», vi
era un certificato generale del Casellario Giudiziale rilasciato
in data 10/3/1994 su richiesta dell'autorità giudiziaria ad uso
giustizia penale. Riporta la condanna di Menaggio con una
formulazione un po' diversa da quella usata nella precedente
certificazione del 1987: «15/6/72 Decreto Pretore Menaggio esec.
il 14/7/92 - Violazione del T.U. sulla finanza locale art. 40,55
R.D. 14/9/1931 n. 1175 (reato comm. il 15/2/72) lire 18.000 di
multa». All'epoca, per quella questione, mi ero rivolto allo
Studio legale BONOMO-CORTESE- PISTARÀ, uno dei più apprezzati
in Sondrio, perché quella violazione («frode imposte di
consumo»!!!) mi era stata ingiustamente contestata come potevo
allora, e come posso ancora oggi, dimostrare. Gli avvocati mi
consigliarono il pagamento delle 18.000 lire ("si tratta di
una multarella", mi dissero) assicurandomi che non avrei
più avuto alcuna conseguenza (infatti...!); che quindi mi
sarebbe costato meno che proporre ricorso e, infine, che così
facendo non avrei danneggiato la carriera di un giovane ufficiale
di governo...
La "multarella" di Menaggio, come
probabilmente la considerarono, oltre all'affermato Studio, anche
i giovani procuratori legali anni dopo, è stata la causa della
mancata riabilitazione civile, perché, secondo il Tribunale, ad
essa avrebbe dovuto precedere la riabilitazione penale di quel
reato.
Lasciamo stare, per il momento, di indagare
sulla buona o cattiva fede e su chi avesse effettivamente ragione
(ma attenti, cittadini, a trarre utili insegnamenti anche da
questa mia sfortunata vicenda!) e passiamo a un episodio più
curioso e altrettanto istruttivo per tutti.
Quando dalla documentazione (avuta
nell'occasione che vi ho detto dall'Avv. P. Giovannini) compresi
quel che mi era successo ed ebbi modo di rifletterci, mi rivolsi
- in data 14 aprile 1995 - direttamente al citato Studio legale
con un esposto nel quale puntualizzavo i danni subiti per causa
sua, inviato per raccomandata anche alla Commissione europea
per i diritti dell'uomo (dove già avevo aperto un dossier
sulle mie vicende), al Presidente della Repubblica, al Ministero
di Grazia e Giustizia e al Tribunale di Sondrio. Qualche mese
dopo, e precisamente lunedì 20 luglio 1995, alle 8.20
circa del mattino si presenta presso la mia abitazione un
impiegato del Comune di Buglio in Monte, Sig. Pietro POLI,
avvisandomi che ha telefonato la Guardia di Finanza di Morbegno:
devo presentarmi in Caserma per informazioni che mi riguardano.
«Non posso andare - gli dico - perché non ho
la carta di identità e quindi mi è negata la libera
circolazione. In Comune lo sanno, perché già da anni ho fatto
un esposto e risulterà certamente a protocollo». Infatti, il 13
luglio 1992, visto che le altre denunce ed azioni non avevano
sortito alcun effetto come voi già sapete, avevo inviato al
Sindaco di Buglio (con raccomandata n. 1745) e per conoscenza
anche al Prefetto (racc. n. 1743) una dettagliata esposizione di
quanto mi era successo a Novate più di due anni prima e
denunciando che da quel momento ero rimasto privo della carta di
identità.
L'impiegato dice: «Va bene» e se ne va. Dopo
all'incirca un quarto d'ora è di ritorno con una fotocopia della
mia carta d'identità e informando che in Comune - e precisamente
l'impiegato Sig. Natale SCIANI - gli hanno detto che posso usare
quella per andare dai Finanzieri a Morbegno. Piuttosto sorpreso
di come si stanno mettendo le cose, rispondo che voglio una
lettera, intestata e protocollata, del Comune nella quale si
dichiari la validità di quel documento (una fotocopia!) ai fini
della circolazione. «D'accordo», dice il Poli, «vado in Comune
a chiedere».
Ovviamente non è più tornato e io non sono
potuto recarmi a Morbegno.
Il 12 settembre 1995, verso le 11 del
mattino, si presentano a casa mia maresciallo e brigadiere (non
so se i gradi fossero proprio quelli) della Finanza di Morbegno
per interrogarmi sul mio esposto dell'aprile '95 e, in
particolare, sul pagamento della famosa "multarella"
(nella denuncia avevo indicato il relativo assegno bancario). Di
questo interrogatorio e di che fine abbia fatto, diremo un'altra
volta - pazienza del giornale e dei suoi lettori permettendo...
Alla prossima puntata, dunque!
(da 'l Gazetin, OTTOBRE 1997)
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