Argomenti di BENEDETTO DELLA VEDOVA La �guerra fredda� dei protezionismi |
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�Noi sottoscritti, donne e uomini di scienza, di lettere, di pace, diversi per religione, storia, cultura, premiati perch� ricerchiamo, onoriamo e celebriamo verit� nella vita e vita nella verit�, � rivolgiamo un appello a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volont�, ai potenti ed agli umili, nelle loro diverse responsabilit�, perch� decine di milioni di agonizzanti per fame e sottosviluppo, vittime del disordine politico ed economico internazionale oggi imperante, siano resi alla vita�. Con queste parole si apriva il Manifesto contro lo sterminio per fame nel mondo promosso dal Partito Radicale e sottoscritto da decine e decine di Premi Nobel, tra cui Kenneth Arrow, Samuel Beckett, Saul Bellow, Elias Canetti, Wassily Leontieff, Rita Levi Montalcini, Franco Modigliani, Eugenio Montale, Carlo Rubbia, Jan Tinbergen e Desmond Tutu. Era il 1981, e il tema della fame nel mondo veniva posto con forza e per la prima volta nell�agenda politica europea e internazionale. A distanza di oltre vent�anni il vertice della Fao svoltosi nelle scorse settimane a Roma impone di registrare che ancora 24.000 persone muoiono ogni giorno per fame.
La discussione verteva in primo luogo sulla necessit� di aumentare gli aiuti da parte dei paesi pi� avanzati a favore di quelli pi� poveri. Questo � sicuramente uno dei temi centrali, dal momento che la quantit� e la qualit� dell�aiuto internazionale negli ultimi lustri non hanno fatto che peggiorare. Non sono rarissimi, ad esempio, i casi di aiuti alimentari che finiscono per distruggere le produzioni locali, dal momento che � assai difficile fare concorrenza a merci regalate. � il caso verificatosi qualche anno fa quando l�Unione europea invi� in America del sud ingenti quantitativi di cipolle prodotte in eccedenza sui mercati comunitari, con il risultato di spiazzare i produttori locali che videro vanificati i lunghi sforzi per creare un proprio mercato.
Ma vi � un altro aspetto della questione, altrettanto se non pi� importante, che i paesi avanzati dovrebbero affrontare con anche maggiore urgenza: quello del protezionismo commerciale e agricolo in particolare. Con l�approvazione della recentissima Farm Bill 2002 cui il Presidente Bush non si � opposto, il Congresso USA ha invertito bruscamente la rotta intrapresa nel 1996 dal Freedom to farm Act. La Farm Bill prevede l�aumento del 70% della spesa federale a sostegno dell�agricoltura americana. In questo modo verranno �solamente� raggiunti i livelli massimi stabiliti in sede WTO, ma � evidente il pregiudizio che in tal modo si rischia di arrecare agli impegni presi a Doha per una graduale riduzione del protezionismo agricolo dei paesi occidentali. Anche perch� le vibrate proteste del Commissario europeo per il commercio, il francese Pascal Lamy, ancorch� comprensibili, fanno intravedere la possibilit� di una insensata corsa al rialzo delle barriere protezionistiche tra gli Usa e l�Unione europea.
La spesa europea a sostegno dell�agricoltura ammonta a circa 43 miliardi di euro, una cifra doppia di quella che verr� raggiunta dalla spesa federale americana dopo l�implementazione della Farm Bill. � giusto denunciare la politica protezionista statunitense sull�agricoltura � cos� come sull�acciaio � e i rischi che l�Amministrazione Bush sta facendo correre al commercio internazionale, gi� in crisi, per miopi calcoli elettoralistici. Ma da quale pulpito viene la predica? Forse che il protezionismo agricolo europeo sia meno dannoso e meno ispirato a calcoli altrettanto cinicamente elettoralistici? Quale strategia economica e di sviluppo pu� giustificare che un settore che coinvolge meno di sette milioni di addetti in tutta Europa assorba oltre il 45% dell�intero bilancio comunitario? Di questa nuova guerra fredda commerciale tra Europa e Stati Uniti continueranno a fare le spese centinaia di milioni o miliardi di individui che proprio ad una maggiore liberalizzazione del commercio affidano le proprie chances di affrancarsi dalla povert�. Il flusso di aiuti nei confronti di moltissimi paesi poveri, infatti, � di gran lunga inferiore alla stima del valore delle opportunit� commerciali da essi perdute a causa del protezionismo.
Nel corso del 2001 l�Unione europea ha approvato un protocollo per l�eliminazione delle tariffe e delle quote per l�importazione di tutte le merci tranne le armi dai 48 paesi pi� poveri del mondo, una scelta di cui a Bruxelles si va giustamente fieri e che potrebbe riverberarsi positivamente sulla condizione di quelle popolazioni (e che � anche nell�interesse dei consumatori europei). Ma andando a leggere con attenzione il testo di Everithing But Arms, ci si pu� rendere conto, ad esempio, che i dazi sulla importazione di banane verranno eliminati definitivamente nel 2006 e quelli sul riso e sullo zucchero nella seconda met� del 2009. Ora, visto che dai 48 paesi pi� poveri difficilmente verranno automobili, computer o telefonini, una volta affermato il principio, si poteva decisamente avere pi� coraggio, con buona pace della potente lobby degli agricoltori europei.
(da 'l Gazetin, LUGLIO-AGOSTO 2002)
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