Sguardi a ritroso

Per Nico Orengo (Tuttolibri n. 1085 del 20 novembre 1997) Di Scalzo è un eteronimo di Tabucchi. Secondo lui, cioè, Tabucchi, sempre omaggiando il maestro Pessoa, si sarebbe nascosto dietro il nome Di Scalzo per parlare del suo paese, Vecchiano (PI), attraverso lettere spedite a se stesso e commenti a vecchie fotografie, alcune solo descritte senza essere mostrate. Ne è venuto fuori un affresco degli anni '70-'80 in cui, tolto il particulare che però è la polpa del libro, si rispecchia non solo il microcosmo di Vecchiano ma l'Italia tutta.
   È un come eravamo relativamente recente ma ormai già lontano anni-luce, travolto dal turbinoso cambiamento che ancora non accenna a quietarsi e che, giorno dopo giorno, disintegra identità che, però, oppongono ogni resistenza possibile.
   Questo libro è appunto una forma di resistenza, è un percorso a ritroso alla ricerca delle proprie radici, è un'ancora gettata per rendere meno squassanti le raffiche di vento infuocato che devasta tutto quanto trova sul suo passaggio.
   E mette un po' i brividi pensare che anche la foto delle Alpi valtellinesi descritta a pag. 88 potrebbe, a breve, essere pura testimonianza.
   Le Alpi valtellinesi, ma che c'entrano con Vecchiano?
   È che Di Scalzo, vecchianese come Tabucchi, oggi vive qui e abita la Valchiavenna e la Valtellina. È che Di Scalzo ha scritto questo libro, credo, per portare in Valtellina la sua storia ed averla a portata di mano, lì sul comodino.
   «È un bel libro» scrive Orengo. L'ha scritto Di Scalzo, pare l'abbia scritto Tabucchi.
   Proprio un bel servizio. E il baffo, inorgoglito, freme, vero vecchio Disca?

dottor Pereira

Per informazioni e contatti col Gazetin dei libri:
* Libreria Intervento, via Ambrosetti 37, 23017 Morbegno (SO), tel./fax (0342) 613220
* LABOS, via Ninguarda 44, 23017 Morbegno (SO), tel./fax (0342) 610861 e-mail: labos@novanet.it

TORNA a Sommario N. 6 / a Indice delle edizioni uscite - TORNA alla pagina 'l Gazetin


Informatori (non della polizia!)... così si chiamano i cittadini che collaborano con gli etno- antropologi per dare loro quelle informazioni, quei sapèri, quelle storie, che servono loro per fare bene il mestiere. Grazie, innanzitutto, al "compagno" Gemmi che mi ha regalato il libro di Fabrizio dicendomi: «Ormai sei famoso, te lo meriti!» Invece Fabrizio è il professor Caltagirone col quale ho trascorso circa una settimana sull'alpe Verva durante un programma di sviluppo regionale col quale si intendeva insegnare ai casari di quelle località, sino ad allora escluse dalla zona classica di produzione del Bitto, a produrre il tipico formaggio delle Valli del Bitto. Non so perché il professore abbia scelto me quale... cavia; forse perché, oltre alla barba da muntagnùn, bestemmiavo anche un po' o, più probabilmente, perché allora ero ancora un casaro alla moda vecchia, e quindi un ottimo informatore. Io ho sempre creduto che, per il cognome che porta, fosse un terruncello; invece durante la presentazione del suo libro alla 7ª Fiera Regionale dei Prodotti della Montagna Lombarda, svoltasi l'ottobre scorso al Polo Fieristico di Morbegno, mi ha pubblicamente sputtanato dicendo che lui è nato a Sondrio. Il fatto di aver poi scoperto, durante quella settimana verde, che era il moroso della Fides mi aveva riempito il cuore di gioia; perché vedere una coppia di "stranieri" (un bianco e una africana) che si interessano così a fondo, e così professionalmente, del nostro territorio e del nostro lavoro, che si appassionano, anche, al passato bucolico della nostra cultura, mi aveva dato (e mi dà) una notevole carica di entusiasmo.
   Il curatore di un museo del Trentino, durante un convegno tenuto a Sondrio qualche luna fa, mi aveva impressionato quando aveva affermato che nel momento in cui un oggetto diventa da museo, significa che la sua storia è finita, sostanzialmente. E anche noi che, magari in gioventù abbiamo usato quell'attrezzo, ci sentiamo un poco (molto) fuori dalla storia! Così come, alle volte, i reduci di Russia ricordano con nostalgìa, quasi con gioia, le sofferenze passate e le loro tristi vicende, noi (io di sicuro) ci immedesimiamo nelle fotografie di Scheuermeier dei primi del Novecento, dimenticando le carestie, la fame e le malattie che sui popoli di allora si abbattevano. Chissà chi proverà gli stessi sentimenti vedendo, fra cinquanta-settant'anni, le foto del nostro informatore a pagina 87-88? Devo confessarvi che ho avuto difficoltà a leggere il libro, proprio non riuscivo ad andare avanti; chissà perché, poi!
   La (mia) morale della storia. Chissà chi è più felice: i personaggi che compaiono sulle bellissime fotografie del libro, chi le ha scattate, il prof. Fabrizio Caltagirone o i suoi informatori?

P.S.
   Quando antropologi, etnologi e museologi prendono in considerazione periodi della storia per studiarli, per analizzarli, per... archiviarli, oramai è troppo tardi per i protagonisti che hanno attraversato quel periodo storico! Ciò che questi professionisti ci potrebbero lasciare quale insegnamento, quale frutto del loro lavoro, è quello di farci capire ciò che dobbiamo tenere in considerazione per andare avanti e ciò che dobbiamo scartare perché non serve più. La cultura attuale, l'economia, il mercato scartano pressoché tutto del passato; le genti che hanno percorso quella storia ne hanno invece molta nostalgia. I colleghi di Fabrizio, e lui stesso, in fondo vogliono dirci che occorre, di quel passato, setacciare quello che è ancora adattabile darwinianamente al presente: non solo all'economia e al mercato, ma anche ad un certo modo di intendere la cultura di persone, cose ed animali che sono stati Storia. Una sorta di continuità senza la quale il futuro è in salita o un salto nel buio. L'essere e l'avere del tempo che fu, opposto al fare quotidiano.

'l Marendin

Per informazioni e contatti col Gazetin dei libri:
* Libreria Intervento, via Ambrosetti 37, 23017 Morbegno (SO), tel./fax (0342) 613220
* LABOS, via Ninguarda 44, 23017 Morbegno (SO), tel./fax (0342) 610861 e-mail: labos@novanet.it

TORNA a Sommario N. 6 / a Indice delle edizioni uscite - TORNA alla pagina 'l Gazetin