Joseph Sheridan Le Fanu, Carmilla, Sellerio, 19914, pagg. 144, L. 10.000
Immaginiamo di assistere
alla mostra di un bizzarro pittore innamorato della tradizione
"gotica" della letteratura inglese, che abbia voluto
ritrarre i protagonisti delle migliori storie vittoriane del
terrore.
Mentre raccogliamo materiale per i
nostri incubi preferiti, deliziandoci lo sguardo con gli assassini
italiani di Walpole e della Radcliffe, gli aristocratici vampiri di
Stoker e di Polidori e i folli mostri di Mary Shelley e di M. J.
Lewis, all'improvviso ci troviamo di fronte a un'incantevole
giovinetta «dalla carnagione colorita e
brillante, dai lineamenti minuti e meravigliosamente modellati, dai
grandi occhi scuri e lucenti e dai capelli lunghi e folti».
In
effetti la più famosa vampira della storia della letteratura
non assomiglia affatto a un mostro insensibile e disumano, abituato,
come la leggendaria contessa Bathory, a fare il bagno col sangue di
vergine, ma al contrario ha l'aspetto di una ragazza debole e
delicata, di una creatura sola, triste e - apparentemente - indifesa.
L'amicizia che lega la seducente vampira
Carmilla con l'ingenua e remissiva Laura, protagonista e narratrice
della vicenda, è immersa in un'atmosfera rarefatta, onirica e
inquietante, solare e ipnotica, più vicina alla poesia
decadente che ai cupi romanzi del periodo; Le Fanu, con la sua
inimitabile maestria, induce il lettore a provare un orrore maggiore
per l'inevitabile profanazione del rapporto fra le due giovani, che
per la natura stessa di quest'ultimo.
Per questo
Carmilla è uno
dei più bei racconti del terrore di tutti i tempi: ci dice che
ciò che veramente ci spaventa non è l'apparizione di
uno spettro o il risveglio di un cadavere, ma la consapevolezza che
un giorno - forse non troppo lontano - potremmo essere noi, quello
spettro o quel cadavere; un'amena prospettiva, perlomeno divertente
se non addirittura allettante.
Stefano Lombardini
Cl.
3ªA, Liceo Scientifico di Chiavenna
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