Pensieri inutili
di GINO SONGINI

Dall'Italia e dal mondo

Brevi cronache politiche di mezza estate


FAZIO (E FAMIGLIA). Uno degli argomenti o forse l'argomento per eccellenza dell'estate politica italiana è stata la bufera che ha investito la Banca d'Italia e il suo Governatore dottor Antonio Fazio. Intorno alla questione se ne sono lette e sentite davvero tante. Partiti e parlamentari da sempre schierati a favore del Governatore si sono di colpo scagliati contro di lui con inattesa veemenza. Al contrario forze politiche che da tempo, soprattutto dopo i casi Cirio e Parmalat, criticavano aspramente la direzione della Banca d'Italia si sono invece levate a difesa del Presidente e del Direttivo della Banca stessa. In questo intreccio di valutazioni e di orientamenti contraddittori i cittadini si sono sentiti a dir poco frastornati. Come noto la questione è nata dopo l'autorizzazione concessa (e negata ad altri) dalla Banca d'Italia alla Banca popolare italiana di Giampiero Fiorani (ex Banca di Lodi) alla scalata di Antonveneta, cosa che ha suscitato in molti osservatori non poche perplessità. Quando poi sono apparse sui giornali le registrazioni delle intercettazioni telefoniche che hanno messo in evidenza un intreccio di connivenze e di complicità (vedi telefonate Fazio-Fiorani), tutti hanno avuto modo di comprendere che il prestigio dell'Istituto di emissione e di vigilanza creditizia del nostro paese era seriamente compromesso. Nel caso specifico l'intervento della Consob che, di fronte al rischio di illeciti da parte della Banca popolare italiana, ha sospeso l'OPA di Fiorani (successivamente interdetto dalla magistratura) su Antonveneta, ha costretto la Banca d'Italia a tornare sui suoi passi e a sospendere a sua volta l'OPA del banchiere di Lodi. Ma non addentriamoci in questioni giuridiche e finanziarie non di nostra competenza e limitiamoci, da semplici cittadini di periferia, ad alcune considerazioni.

La prima è quella dell'evidente adozione da parte del Governatore di due pesi e due misure. Con il pretesto della difesa dell'“italianità” del sistema creditizio Fazio si è schierato dalla parte di uno dei due contendenti (l'altro era la banca olandese ABN-AMRO), venendo meno al suo ruolo di arbitro imparziale. Giornalisti e commentatori di varia estrazione hanno espresso giudizi assai negativi al riguardo. Chi poi ha inteso difendere il Governatore, lo ha fatto con scarsa convinzione, magari sulla base di opportunità politico-elettorali, oppure richiamandosi a generiche valutazioni sulla moralità personale di Fazio. Ma tali considerazioni non sono ovviamente servite a modificare il cattivo stato delle cose.

Fra le tante voci a difesa non ha mancato di farsi sentire quella dell'on. Andreotti, per dire che Antonio Fazio viene osteggiato in quanto di dichiarata fede cattolica. Mi si permetta di dire che l'interpretazione di Andreotti, oltre che non condivisibile, è perlomeno curiosa. Callisto Tanzi non è forse un cattolico praticante come, se non di più, del Governatore della Banca centrale? Ma questo non gli ha impedito, tra una messa e una comunione, di mandare tranquillamente in rovina decine di migliaia di risparmiatori italiani. E purtroppo nessuno lo ha mai osteggiato. Del resto è stato fatto notare ad Andreotti che Michele Sindona e il Cardinal Marcinkus, due personaggi (ahimè!) di assidua frequentazione andreottiana, non si fecero scrupolo di compiere malefatte di inaudita gravità nonostante la loro riconosciuta militanza cattolica. Questa pretestuosa divisione fra cattolici e non cattolici, agnostici e credenti, laici e clericali, quasi tesa a fissare uno spartiacque tra il bene e il male, non sta né in cielo né in terra. Anche perché riteniamo che, proprio sulla base di un celebre detto evangelico, l'albero si debba giudicare dai frutti che dà. È scontato che la scelta di accettare o di rifiutare la fede religiosa deve riguardare soltanto la coscienza di ognuno. Non è possibile che nell'anno di grazia 2005 si debbano ancora sentire certi discorsi.

Si guardino i frutti dell'albero, dunque. Purtroppo i frutti in questione, ovvero le parole e le opere del Governatore, non si sono rivelati esenti da guasti e impurità. Cosa c'entra tutto questo con la fede o la pratica religiosa? Perché, tanto per dirne una, non è ammissibile che la moglie del Presidente della Banca d'Italia, la signora Cristina Rosati, si attivi presso il marito per perorare la causa di faccendieri finiti poi sotto inchiesta della magistratura. O peggio ancora che la stessa si metta in contatto con quegli stessi faccendieri per suggerire tattiche e comportamenti. Le registrazioni delle conversazioni telefoniche evidenziano, a voler essere generosi, un quadro di desolante superficialità. Come ha potuto un uomo come Antonio Fazio permettere tutto questo? Come sono potute accadere simili cose? In quale paese il Governatore della Banca centrale avrebbe potuto schierarsi a favore di un gruppo e contrastarne un altro con l'attiva collaborazione della gentile consorte? L'arbitro, come si ripete sempre, non deve essere imparziale? Senza la pretesa di ergerci a giudici non possiamo non condannare senza esitazione questo modus operandi di matrice clientelare. Ed è inutile e anche incomprensibile che il dottor Fazio ripeta come un ritornello di aver agito nel rispetto delle regole e di non avere niente da correggere e tanto meno niente di cui pentirsi. Troppo comoda l'autoassoluzione.

Le intercettazioni apparse sui giornali delineano un impressionante quadro di commistione che, a quei livelli, non ci saremmo mai aspettati. Sarà perché siamo i soliti ingenui ma eravamo ancora una volta impreparati allo scandalo. Anche perché avevamo nella mente ben altre figure di governatori: Einaudi, Menichella, Baffi, Carli, Ciampi... Non ci aspettavamo che una tanto poco onorevole vicenda screditasse fino a questo punto i vertici del nostro Istituto di emissione e di controllo del credito. Il prestigio della Banca d'Italia, anche sulla scena europea, ne esce a pezzi. Altro che osteggiare Fazio per la sua fede cattolica. Ma via, onorevole Andreotti, ci risparmi queste amenità.

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GAZA E CISGIORDANIA. Lo smantellamento degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e nella striscia di Gaza apre qualche spiraglio di pace in Medio Oriente. Il leader palestinese Abu Mazen ha telefonato a Sharon per congratularsi con lui e per riconoscergli di essere stato di parola. Ancora una volta, dopo un gesto di buona volontà e dopo una decisa apertura alla fiducia e al dialogo, ci chiediamo: “Sarà la volta buona per la pace?”

Troppe volte è successa la stessa cosa nel passato più o meno recente. E per la pace la volta buona non è mai arrivata. Neppure quando Begin e Sadat stipularono gli accordi di Camp David (1978) e siglarono il trattato di Washington (1979), neppure quando Rabin e Arafat siglarono un nuovo accordo di pace (1993). Per troppi decenni in quella terra non abbiamo visto che bombardamenti, stragi, esecuzioni, attentati. Sarà questa la volta buona? Sarà questo il passo decisivo per la coesistenza tra due popoli che si sono sempre odiati? Sperare non costa niente e allora noi tutti speriamo che sì, che questo sia davvero il primo passo nella direzione della coesistenza pacifica tra israeliani e palestinesi. Il “falco” Sharon ha dimostrato pragmatismo e coraggio. Non si è lasciato condizionare dagli estremisti di destra del Likud che non volevano neppure prendere in considerazione l'ipotesi del ritiro dalle colonie. Ma ormai queste recriminazioni appartengono al passato perché lo smantellamento dei territori occupati nella “guerra dei sei giorni” del 1967 è cosa fatta. Ha scritto Elie Wiesel, professore di discipline umanistiche alla Boston University, Premio Nobel per la pace: «E adesso, a che punto siamo? È tassativo che si rispetti una pausa. Occorre lasciare che le lacrime (dei coloni, nda) si asciughino e che le ferite si cicatrizzino. L'odio, in momenti così delicati, è assai deleterio. Qualsiasi pressione dall'esterno rischia di essere controproducente».

Ognuno di noi, a sua volta, può ripetere la stessa domanda: “E adesso, a che punto siamo?”

Personalmente ritengo che ora tocchi ai palestinesi compiere un passo di avvicinamento, combattendo fino in fondo i terroristi fanatici e impedendo le loro azioni sanguinarie. Solo così non si dovrà rimettere ancora una volta tutto in discussione. La strada della coesistenza è irta di ostacoli ma è la sola che si può percorrere senza un infinito spargimento di sangue. Vorrei pertanto chiudere con le parole cariche di speranza dello stesso professor Wiesel: «Gaza, dopo tutto, è soltanto uno dei molti capitoli di un libro che alla fine dovrà parlare di pace».



[DIDASCALIA DELLE ILLUSTRAZIONI (che vengono omesse nella versione on line)]:
Antonio Fazio
e Ariel Sharon

(da 'l Gazetin, SETTEMBRE 2005)


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