Pensieri inutili di GINO SONGINI
Terzo mandato nei piccoli comuni
Partita vinta a banalità, retorica e luoghi comuni
Ho letto con piacere la lettera indirizzata al quotidiano La Provincia da un lettore che deplora la possibilità di concedere un terzo mandato ai sindaci dei piccoli comuni. A suo tempo avevo anch’io apprezzato la decisione volta a impedire che l’amministrazione degli enti locali rimanesse eternamente nelle mani dei “soliti noti”. Ora, come giustamente scrive quel lettore, si vuole far tornare indietro l’orologio della storia di almeno vent’anni. In termini più generali ho già avuto modo di scrivere sul Gazetin quello che penso dei piccoli comuni. In uno di questi sono nato e vissuto e tuttora risiedo. Di questo piccolo Comune sono stato Sindaco in un quinquennio lontano. Parlo pertanto con cognizione di causa. Questi enti di poche centinaia di abitanti sono con tutta evidenza realtà amministrative assolutamente obsolete. Non è possibile che nell’anno di grazia 2004 siano ancora presenti sul territorio nazionale enti di questo tipo. Del resto noi Valtellinesi non dobbiamo andare troppo lontano per imbatterci in casi a dir poco assurdi. Come si sa, nelle Valli dell’Adda e del Mera sopravvivono comuni che, tanto per dirne una, hanno all’incirca lo stesso numero di abitanti di un modesto condominio di periferia (o anche meno). Ma guai se qualcuno osa parlare di unificazione! Ma chi ha deciso che questa assurda divisione amministrativa, con paesi che ogni giorno di più si impoveriscono e si spopolano, debba rimanere immutabile per l’eternità?
È ora di mettere mano a una riforma che induca questi nuclei ad aggregarsi in altri più consistenti e più validi. Di questo ci si dovrebbe occupare. E invece si vuole, facendo tornare indietro l’orologio della storia, assicurare la poltrona ai “soliti noti”, per lo più “capataz” di quarta serie che di altro non si occupano che del loro “particolare” (per dirlo col Guicciardini). Personalmente, e l’ho già scritto a chiare lettere, penso tutto il male possibile dei piccoli comuni. Essi sono solitamente caratterizzati da sprechi, inefficienza e personalismi. Le divisioni e le rivalità all’interno della popolazione sono sempre più nette e più profonde, e non soltanto in periodo elettorale. Nei nostri paesi per chi non ha il sindaco amico la vita è dura, altro che democrazia. Anche per questo dispiaciono le parole del Presidente Ciampi, persona sicuramente stimabile e pienamente meritevole dell’affetto degli italiani, quando si abbandona a dichiarazioni retoriche sull’importanza di questi benedetti piccoli comuni e sulla necessità di mantenerli comunque in vita (anche se a volte si tratta, a mio avviso, di vero e proprio accanimento terapeutico). Su questo punto mi sia permesso di dissentire dal nostro Presidente, il quale non ha sicuramente mai provato a vivere neppure un giorno in una di quelle realtà che ogni tanto ama celebrare.
Avevamo salutato come un piccolo passo avanti, un segno d’attenzione se non altro, la decisione di impedire il terzo mandato ai sindaci. Purtroppo temiamo di esserci ancora una volta sbagliati: quel sacrosanto provvedimento verrà revocato. Torneremo indietro di decenni. Anche questa volta le banalità, la retorica, i luoghi comuni, avranno partita vinta. Per giunta ci toccherà risentire le solite stucchevoli declamazioni intorno alla “bellezza” dei piccoli comuni, all’importanza che essi hanno per la tutela del territorio (i risultati sono lì da vedere), per la difesa dei monti e delle valli, per la salvaguardia della cultura, perfino per la difesa della democrazia. A tutte queste considerazioni, tanto avventate quanto superficiali, vien voglia di rispondere con la celebre battuta di Totò: – Ma mi faccia il piacere!
(da 'l Gazetin, MARZO 2004)
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