Due piccioni con una fava
A Sondalo il centro staccato dell'Istituto Inail di Budrio che la Regione Lombardia intende realizzare?

Il mio è poco più di uno spot, non essendovi più spazio per articolare un ragionamento. (Tante e tali sono le novità e le cose interessanti cui dare spazio, in questo numero, che il direttore non ne trova per i suoi pezzi…!?) Ma, poiché altrove notizia e conseguente possibile proposizione non hanno avuto visibilità ed espressione, ritengo utile cominciare ad enunciarle qui, per poi eventualmente tornare a svilupparle se ve ne saranno le condizioni.

La notizia è del mese scorso e riguarda l'annunciato impegno della Regione a sostenere la realizzazione in Lombardia di un centro integrato dell'Istituto Inail di Budrio (cioè del «centro di eccellenza per le creazioni di protesi per chi ha subito un infortunio», come ha dichiarato l'assessore alla sanità Carlo Borsani). «I responsabili di Budrio - è sempre Borsani che parla - mi faranno conoscere le loro esigenze e avere un loro progetto per la realizzazione di questa sede staccata. Ho dato la mia piena disponibilità a individuare la struttura adatta e ad alleggerire tutti i passaggi burocratici per la sua realizzazione. La creazione di questa sede in Lombardia può aumentare la produttività di una struttura particolarmente efficiente e accorciare tempi e distanze per avere una protesi per chi ha subito un trauma».

Il pensiero di un valtellinese (ma forse anche di un lombardo) non può che correre subito a Sondalo. Anche perché i responsabili dell'allora ente ospedaliero, all'incirca un paio di lustri fa, già avevano tentato (vero, dott. Schiantarelli?) di muoversi in quella direzione e sviluppato una serie di altre valutazioni, delle quali non vi è modo, ora, di riferire l'esito, ma le cui conclusioni erano tutt'altro che scoraggianti. Il cruccio di questi mesi dei managers nostrani della sanità e degli amministratori (la "minacciata" creazione dell'azienda ospedaliera provinciale) troverebbe la classica palla al balzo nel sopra riferito impegno regionale. Se è vero, come ha snocciolato l'ing. Triaca agli attoniti sindaci del distretto di Morbegno, che dei 4.000 dipendenti del settore in provincia, ben 1.500 si trovano "rinchiusi" nei padiglioni del "Morelli" e se il richiamo extra-provinciale di quella super-superstruttura («a valenza almeno regionale», come hanno sempre fantasticato, coram populo, le nostre organizzazioni sindacali e politiche) raggiunge a fatica un misero 25%, è gioco forza - come tutti pensano, ma nessuno vuol dire - che per la riorganizzazione della rete ospedaliera sia necessario estirpare proprio quel bubbone. E allora: quale migliore occasione di questa? O meglio e più precisamente: ve ne saranno altre, di occasioni?

È vero. L'opera di riconversione e ristrutturazione appare come mastodontica. Se poi ci mettiamo i mai risolti problemi infrastrutturali e il nostro sacro terrore per le trasformazioni profonde, l'impresa sembra addirittura impossibile. Ma, a parte le oggettive necessità, del presente e del futuro, che la Regione ha tradotto in programma e che, a ben guardare, non sono poca cosa, abbiamo qualche altra soluzione per quell'altro, "nostro" problema?

Sperando che il piccolo sasso nello stagno possa produrre da qui a un mese sufficiente materiale per poter tornare sull'argomento senza passare per la solita vox clamans in deserto, rivolgo ad operatori e amministratori l'invito a voler almeno prendere in considerazione la cosa.

Es

(da 'l Gazetin, NOVEMBRE 2001)


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