IL "CAPITOLO VALTELLINESE" DEL LIBRO DI VELTRI E TRAVAGLIO
Mottarelli/Tremonti
Le leggi? Prima si fanno, poi si… interpretano!

introduzione a cura di ENEA SANSI, direttore de 'l Gazetin

Anche se già è stato segnalato da un settimanale locale (Centro valle, 01/04/2001), forse ancora in molti non sanno che nel libro L'odore dei soldi, che tanto scalpore ha suscitato a seguito dell'intervista di Daniele Luttazzi con uno degli autori, Marco Travaglio, nell'ambito della trasmissione "Satyricon" su Rai2, vi è un "capitolo valtellinese", di ancor maggiore interesse ed esplosiva attualità politica rispetto all'insieme dell'iniziativa editoriale. Del resto lo stesso clamore suscitato dall'evento televisivo, "il re è nudo!" del Berlusconi-Presidente-del-Consiglio che "interpreta" la legge in favore del Berlusconi-padrone-di-Mediaset urlato via etere dal giullare Luttazzi, scaturisce direttamente proprio da questa "piccola appendice" del volume più che dal sentore di mafia proveniente da alcune inchieste giudiziarie - archiviate, prescritte o ancora aperte - sulla Fininvest e sul suo pater familias Silvio Berlusconi, che nel libro vengono documentalmente evocate.

Perché è "valtellinese" questo "capitolo"? Ma perché due valtellinesi ne sono i protagonisti. Giulio Tremonti, il Ministro delle finanze nel Governo Berlusconi del 1994 - benché giunto in Parlamento quale espressione del "Patto per l'Italia" (tentativo di costituire un polo di centro, vanamente perseguito in quella circostanza dal Partito popolare con il movimento di Segni) e in quota proporzionale (poiché nel collegio uninominale n. 13 venne surclassato, 58 contro 23%, da Provera, oggi suo coinquilino nella "Casa delle libertà") - e "super-ministro" dell'economia, designato, per quello del… 2001, da un lato. Vanna Mottarelli, autrice di quel documento nel quale viene smontato e svelato il trucchetto che ha consentito la capitalizzazione di Mediaset facendo dello Stato (e cioè i contribuenti italiani) uno dei suoi maggiori azionisti, che questo giornale è onorato di vantare, e non solamente per questo recente merito, nello proprio staff editoriale per una collaborazione in corso da un anno a questa parte, dall'altro.
E ancora, valtellinese perché entrambi, con questa storia che li pone in aperta contrapposizione, si presentano direttamente ai Valtellinesi nella ormai prossima competizione elettorale. Tremonti è infatti il numero uno nella lista circoscrizionale (quota proporzionale) di Forza Italia, mentre Mottarelli è candidata nel collegio n. 13 della Camera, oltre che anch'essa in quota proporzionale, per la lista Di Pietro - Italia dei valori. Non è quindi da escludere che, proprio da noi, possa esservi un "seguito" di questo capitolo.

Il meccanismo della vicenda lo spiega la diretta interessata, su questo stesso numero, mentre a me preme svolgere ancora una brevissima considerazione. Che il "tasso di legalità" nel nostro Paese sia sotto lo zero è cosa nota. Del resto risulta evidente per chiunque non si rifiuti di vedere le cose come stanno, a qualsiasi livello, in qualunque campo. Sono 367 le condanne comminate all'Italia, nell'anno 2000, dalla Corte europea di Giustizia. E non a caso sul nostro Paese circola la certamente poco onorevole battuta: "Le leggi? Prima si fanno, poi si… interpretano!"
La ragione di questa vergogna, giunta ben oltre il livello della semplice preoccupazione, mi pare (altro che fine dell'ingessatura per la nostra democrazia, caro Alessandro!), non starà proprio nel fatto che, anche quando chi ruba viene colto con le man nel sacco, o l'illegalità smascherata oltre ogni ragionevole dubbio, nulla debba mai succedere? Sistematicamente nulla. Salvo l'immancabile, noiosissima polemica… Dovremo, tutti, rassegnarci all'illusorio mito di un pool "mani pulite" che un bel giorno ritorna e, "senza guardare in faccia a nessuno"(!?), rimette le cose a posto? Io non penso.


La legge Tremonti
"applicata" a Mediaset

Così un Ministro risolve i "limiti" di una norma approvata dal Parlamento:
dopotutto, non porta forse il suo nome?
E, dove non arriva nemmeno lui, c'è sempre una Commissione tributaria…

di VANNA MOTTARELLI

Tutto cominciò in una tranquilla domenica di agosto dell’anno scorso. Mi trovavo in montagna con amici e, in attesa della classica polenta, stavo sfogliando svogliatamente La Repubblica. Mi cadde l’occhio (quando si dice il caso!!!) su un trafiletto che riportava, in sintesi, il contenuto di una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, concernente il contenzioso instauratosi tra Mediaset Spa e l’ufficio delle Imposte Dirette di Milano, in ordine alla concreta applicazione dei benefici della Legge Tremonti. Volli saperne di più. Attraverso la sentenza, effettuai un’articolata analisi del problema. L’elaborato da me predisposto, inserito nel sito www.antoniodipietro.org (comunicato n. 24), per una serie di fortuite circostanze, venne pubblicato sul libro L’odore dei soldi di Marco Travaglio ed Elio Veltri, balzato agli onori delle cronache dopo la tanto discussa trasmissione di "Satyricon". L’argomento, molto complesso, potrebbe risultare di difficile comprensione per i non addetti ai lavori. In queste poche righe cercherò di spiegare, in parole povere, gli aspetti più salienti della vicenda.

A norma dell’articolo 3 della Legge Tremonti, le aziende che, negli anni 1994 e 1995, reinvestivano utili per l’acquisto di beni strumentali, potevano beneficiare di una detassazione, in misura pari al 50% del costo che eccedeva la media degli investimenti del quinquennio 1989/1993. Più bassa era tale media, più alto era, pertanto, lo sgravio fiscale.
Ciò può essere meglio spiegato con un esempio. Ipotizziamo di avere, da un lato, un utilizzatore di beni strumentali e, dall’altro, un produttore di tali beni, che per comodità chiameremo, con nomi di fantasia, rispettivamente Giovanni Rossi e Luigi Bianchi.
Il sig. Giovanni Rossi, titolare di un’impresa di costruzioni, a causa difficoltà finanziarie, aveva un parco attrezzature (gru, ruspe, ecc.) vecchio di dieci anni. Negli anni 1994 e 1995, colse al volo l’opportunità offerta dalla legge Tremonti per anticipare la sostituzione delle attrezzature che perdevano i pezzi, investendo allo scopo in azienda un utile di lire cento milioni. Il predetto utile entrava integralmente nel meccanismo previsto dall’agevolazione di cui all’articolo 3 della Tremonti, essendo stata pari a zero la media degli investimenti del quinquennio 1989/1993. Il nostro imprenditore defiscalizzò, quindi, una quota di utile di lire cinquanta milioni, con un risparmio secco, in termini di imposte, di oltre 25 milioni. In altri termini le attrezzature, dal valore di cento milioni, sono costate meno di settantacinque milioni (Un vero affare!!!).
Il sig. Luigi Bianchi, produttore di gru, ruspe e altre attrezzature per costruttori edili, che da anni, a causa della crisi del mercato dell’edilizia riusciva a piazzare pochissimi beni strumentali, beneficiò implicitamente della legge Tremonti, in termini di rilancio della propria attività. L’opportunità offerta da tale legge stimolò, infatti, al pari del sig. Giovanni Rossi, altri costruttori edili ad anticipare di qualche anno il rinnovo del proprio parco attrezzature obsoleto.
Fin qui lettera e spirito della norma. Nulla da ridire al riguardo.

Veniamo ora al caso concreto di Mediaset. La società di Berlusconi aveva dichiarato pari a zero la propria media di investimenti per il quinquennio 1989/1993 (Non male per essere una grande industria, proprietaria di tre reti televisive!!!). Tutti gli investimenti 1994/1995 beneficiarono del meccanismo della Legge Tremonti. Mediaset, infatti, nel biennio 1994/1995 aveva acquistato opere dell’ingegno (diritti di sfruttamento di film, di spettacoli, di spot pubblicitari, ecc.) per lire 921.248.238.000, di cui lire 460.624.119.000 in esenzione fiscale, con un risparmio di imposte di lire 243.694.921.458 (meditate contribuenti, meditate !!!).
Il colosso televisivo aveva, tuttavia, dovuto affrontare diversi ostacoli, in quanto la legge mal si conciliava con le ambiziose esigenze di espansione dell’azienda:

  1. L’articolo 3 della Legge Tremonti prevedeva l’agevolazione per i soli beni strumentali
    Gli investimenti di Mediaset erano tutti riconducibili alla categoria di beni immateriali (beni che non si possono toccare con mano, ma che hanno un elevato valore commerciale) e, più in particolare, erano inerenti lo sfruttamento delle opere dell’ingegno (diritti di autore e simili).

  2. L’articolo 3 della Legge Tremonti limita il campo delle agevolazioni agli utili reinvestiti
    Dal contesto della sentenza della Commissione Tributaria di Milano emerge che gli utili civilistici realizzati da Mediaset nel biennio 1994/1995, ammontavano a complessive lire 325.014.113.000. Gli utili medesimi, (essendo stata dichiarata pari a zero la media degli investimenti del quinquennio 1989/1993), una volta reinvestiti integralmente in azienda, avrebbero ridotto l’imponibile fiscale del cinquanta per cento (lire 162.507.056.500), con un risparmio di imposte di circa lire 86 miliardi (troppo poco per un investimento programmato di circa mille miliardi!!!).

  3. L’articolo 3 della Legge Tremonti limitava l’agevolazione ai beni nuovi
    Non tutte le opere acquistate dalla società avevano il requisito della novità. Mediaset acquistò, nel biennio 1994/1995, diritti per lo sfruttamento in televisione di film già proiettati nei cinema (anche in Italia) per complessive lire 434.156.044.936, di cui lire 217.078.022.468 in esenzione di imposta.

Come risolvere i suddetti problemi? Tornare in Parlamento per apportare correttivi alla legge? E se tali modifiche non fossero state approvate?
A risolvere gli enigmi di cui ai punti 1 (beni immateriali) e 2 (investimenti eccedenti gli utili dichiarati ai fini fiscali) intervenne, in data 27 ottobre 1994, la provvidenziale circolare 181/E del Ministero delle Finanze, che stabilì, in sintesi:

  1. appartengono alla categoria dei beni strumentali anche i beni immateriali, quali lo sfruttamento opere dell’ingegno, ecc. (et voilà: il primo scoglio è stato superato!!!);

  2. se vengono effettuati investimenti in agevolazione di imposta in misura superiore agli utili, le perdite fiscali che ne derivano possono essere portate a nuovo negli esercizi successivi, ma non oltre il quinto (in altri termini sugli utili dal 1996 in poi non verranno pagate imposte fino all’assorbimento delle perdite fiscali derivanti dall’eccedenza di investimenti rispetto agli utili reinvestiti). Questa modifica, tradotta in termini monetari, ha consentito a Mediaset di realizzare un ulteriore risparmio di imposte di circa lire 157 miliardi (differenza tra i 243 miliardi ottenuti complessivamente e gli 86 miliardi derivanti dal reinvestimento dei soli utili).

L’inconveniente di cui al punto 3 (requisito della novità dei beni) non venne risolto dai chiarimenti ministeriali, tanto che si instaurò il predetto contenzioso tributario. L’Ufficio delle Imposte Dirette di Milano riprese a tassazione un imponibile di lire 217.078.022.468, liquidando, a carico di Mediaset, imposte per lire 52.052.575.000 e irrogando sanzioni per pari importo, per un totale complessivo di lire 104.105.144.000, oltre interessi, da conteggiare a far tempo dagli esercizi 1994 e 1995. Provvidenziale per Mediast fu la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale elaborò una teoria tutta sua: "I film, vecchi per il cinema, potevano beneficiare delle agevolazioni della Legge Tremonti, in quanto nuovi per la televisione" (Tombola!).

Chissà se il governo italiano impugnerà la sentenza. Oppure queste cose avvengono solo per i piccoli contribuenti?

Ultim'ora
Citati in giudizio autori ed editore del libro

A giornale in stampa, apprendiamo che l'On. Giulio Tremonti ha citato avanti il Tribunale civile di Roma l'On. Elio Veltri, il giornalista Marco Travaglio, la casa editrice Editori Riuniti e la commercialista Vanna Mottarelli per il capitolo sulla Legge Tremonti del libro L'odore dei soldi, chiedendo un risarcimento danni, in solido, pari a un miliardo di lire. Nel darne la notizia, in un comunicato diffuso alla stampa nella giornata di mercoledì 18 aprile 2001, la commercialista ha dichiarato: «È impressionante come la libertà di opinione e un'analisi giuridica interpretativa possano essere così fortemente imbavagliate da minacce che provengono da persona che ha rappresentato le più alte cariche dello Stato».

(da 'l Gazetin, APRILE 2001)
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