Argomenti di BENEDETTO DELLA VEDOVA
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Bipartitismo
Scenario auspicabile per la politica italiana
Silvio Berlusconi ha di nuovo stupito. Dopo la batosta elettorale subita dalla Casa delle Libertà alle elezioni regionali ha dovuto “subire” anche una crisi di Governo cui si sarebbe sottratto volentieri. Ma già nel dibattito parlamentare, piuttosto che spiegare perché deputati e senatori avrebbero dovuto assicurargli il sostegno che il Premier dava già per scontato, ha rilanciato su un tema squisitamente politico, quello del destino della CdL. Con lui, o senza di lui. La via indicata da Berlusconi è quella del “partito unico” del centro-destra. Insomma, dal bipolarismo al bipartitismo. Due partiti, ha detto Berlusconi, uno dei “moderati” e uno della “sinistra”. Presupposto coerente con questa impostazione dovrebbe essere quello di una riforma elettorale compiutamente maggioritaria, così come richiesto dai referendum elettorali del 1999 e del 2000, promossi dai radicali e da altri partiti che invece Berlusconi snobbò (scelta che ora rimpiange) e che fallirono il raggiungimento del quorum.
Non da oggi trovo questo scenario auspicabile per la politica italiana. È nell’interesse di tutti gli elettori, di “sinistra” come di “destra” o di “centro”, arrivare ad una semplificazione di tipo binario. Nessuno vieterebbe la costituzione di un terzo partito e la sua partecipazione alle elezioni, naturalmente, ma è indubbio che forze politiche che si propongono di sostenere il medesimo Governo dovrebbero presentarsi agli elettori sotto un unico simbolo. Certo, si tratterebbe di partiti compositi e articolati al loro interno, ma con l’unità nel momento elettorale verrebbero meno le continue tensioni di oggi tra partiti alleati e vicini, in continua lotta per strapparsi l’un l’altro un pugno di elettori.
A chi obietterà che lo schema tendenzialmente bipartitico non corrisponde alle profonde articolazioni culturali e politiche che caratterizzano il nostro paese, io credo si possa rispondere che se questo vale certamente per la classe dirigente dei tanti partiti e partitini, non così per gli elettori. A questo “salto” gli elettori sono pronti – come dimostrano, da ultime, le recenti elezioni regionali –, spetta ai partiti adeguarsi. Quanto al pluralismo culturale e politico esso sopravviverà benissimo anche ad un sistema elettorale compiutamente maggioritario, c’è da starne sicuri. Casomai, questo sì, si tratterebbe di evitare che le riforme istituzionali finiscano per svuotare di ruolo il Parlamento. Anche qui l’esperienza americana – senza alcuna volontà di copiare acriticamente quel modello – dimostra che un Governo “forte” può convivere con un parlamento altrettanto “forte”.
(da 'l Gazetin, MAGGIO 2005)
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