Argomenti di BENEDETTO DELLA VEDOVA

L’epocale sfida della riforma delle pensioni

Dall’Austria alla Francia, dalla Germania all’Italia, l’Europa è scossa dagli scontri sulla riforma delle pensioni. Imponenti manifestazioni guidate dai sindacati sfilano nelle piazze delle capitali a difesa dei sistemi previdenziali attuali. Sembra che le proposte di rivedere le pensioni siano una gratuita cattiveria di politici e governi che non hanno altro a cui pensare. Non è così, non è proprio così. I sistemi previdenziali europei ed italiani sono stati pensati e organizzati in epoche lontane, quando le condizioni e le prospettive lavorative e demografiche erano diversissime, speculari a quelle attuali (saranno pensionati “poveri”). La crescita occupazionale sembrava un dato acquisito stabilmente e la popolazione continuava a crescere anche nei paesi più avanzati. Oggi non è più così, soprattutto per quanto riguarda la popolazione. La dinamica demografica presenta tassi negativi, il che significa che la popolazione diminuisce e gli “anziani” diventano più dei “giovani”. Non solo, le regole della previdenza sono state scritte quando l’età media consentiva di usufruire della pensione per pochi anni, al massimo una decina. Paradossalmente, vent’anni fa si andava in pensione dopo e si moriva prima di quanto non accada oggi. Ciascuno di noi può constatare direttamente, nella propria cerchia di parenti e amici, quanto le statistiche riflettano la realtà.

Intendiamoci, che la vita si allunghi è una grande conquista per l’umanità, da sempre protesa ad allontanare il più in là possibile il momento del trapasso. Ma a questa realtà così diversa bisogna far corrispondere sistemi pensionistici adeguati. Magari qualcuno può pensare che il progresso dovrebbe consentire alle persone di lavorare pochi anni e stare in pensione per molti, ma ciò è semplicemente impossibile, dal momento che il reddito trasferito a chi non lavora, ovviamente, deve essere prodotto da chi ancora ha un impiego, da chi ancora produce ricchezza.

Quello che sta accadendo oggi è che i lavoratori più giovani pagano contributi (tasse, in definitiva) elevatissimi per pagare la pensione di persone tutto sommato ancora nel pieno delle proprie capacità lavorative, in vista di pensioni che per loro saranno assai più basse di quelle attuali. I sistemi previdenziali attuali sono insostenibili dal punto di vista finanziario e iniqui nei confronti dei giovani: sfido chiunque a smentire questa affermazione.

Eppure tutto questo sembra non bastare, dal momento che autorevoli esponenti sindacali e politici si ostinano ad arringare le folle con lo slogan “giù le mani dalle pensioni!”. Ma un paese (Italia o Europa fa lo stesso) che continua a investire sul passato più di quanto non si preoccupi dei giovani e del futuro non può avere un grande destino davanti a sé. Si esagera? Non credo, la sfida della riforma delle pensioni è, letteralmente, epocale, perché un’epoca è tramontata. E poi, in definitiva, si tratta “solamente” di chiedere alle persone di lavorare qualche anno in più, visto che si vive molti anni più che in passato.

b.dellavedova@agora.it

(da 'l Gazetin, GIUGNO 2003)


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