Argomenti di BENEDETTO DELLA VEDOVA

Iraq libero!

Armare la politica di forza e ragionevolezza
per impedire che l'unica "politica" possibile diventi quella delle armi

 

In Iraq e per l'Iraq l'alternativa non è tra "la guerra" e "la pace". La guerra c'è da anni, ha fatto e fa milioni di morti innanzitutto tra la popolazione di quella che un tempo fu la Mesopotamia. Intervenire per affermare la libertà e la speranza di una vita civile e democratica per il popolo iracheno è doveroso. A poco serve, a mio avviso, in questo momento, chiedersi "perché in Iraq sì e in Corea del Nord no". E neppure sostenere che gli Usa si occupano dell'Iraq solo perché vogliono mettere le mani sul petrolio di Saddam. Nessuno ha gli occhi chiusi o crede fideisticamente nella buona fede di Bush e Powell, ma sul tappeto oggi c'è la questione della dittatura di Saddam, della repressione della libertà in Iraq e del pericolo che il regime rappresenta per il mondo intero.

In epoche e luoghi diversi (e noi italiani ben lo sappiamo) l'intervento americano ha assicurato libertà e democrazia: anche allora era sicuramente possibile intravedere degli interessi in gioco. L'equidistanza tra Saddam e Bush che molti propugnano non è accettabile. Ciò che ci si può e deve chiedere, è se l'intervento armato sia l'unica via per cercare di affermare libertà e democrazia in Iraq, obiettivo questo difficilmente contestabile.

Marco Pannella propone una mobilitazione internazionale perché si arrivi all'esilio di Saddam e ad un governo transitorio sotto l'egida dell'ONU, affidato a grandi personalità internazionali, che prepari il terreno ad un governo eletto secondo criteri democratici dal popolo iracheno. La democrazia non si inventa e non si impone, ma sarebbe sbagliato ritenere che gli iracheni non abbiano diritto a sperimentare la via della democrazia e debbano semplicemente passare da una tirannia ad un'altra. Lo slogan non sia, quindi, "No alla guerra", negando l'evidenza di una guerra che già c'è e quindi di fatto sostenendo Saddam. Lo slogan sia "Iraq libero! Via Saddam".

Utopia? No, tentativo di armare la politica di forza e ragionevolezza per impedire che l'unica "politica" possibile diventi quella delle armi.

b.dellavedova@agora.it

Quel poco, quel tanto
che ciascuno di noi può fare…

Democrazia, libertà e diritti per gli Iracheni

Il mese scorso un lettore, e caro amico, da Sondrio si (e ci) chiedeva cosa fosse possibile fare, anche da semplici cittadini, per contribuire («dare un valido apporto», diceva) a «portare un po’ di luce in questo buio e inestricabile tunnel che l’Umanità sta attraversando». Per nessuno, che abbia minimamente riflettuto su quell’invito, condividendo o meno i contenuti della lettera del vescovo americano, credo sia stato facile rispondere all’interrogativo posto (“Che si può fare?”). Nel corso del mese, poi, la situazione è andata ulteriormente precipitando e i rulli di tamburo, da una parte e dall’altra, si sono fatti tanto assordanti, nel buio di quel tunnel, da far perdere a tutti e completamente il senno. Per chi ha avuto orecchi per ascoltare, il mese ha visto però anche la proposta avanzata da Marco Pannella e dal Partito radicale con l’appello al Consiglio di sicurezza dell’Onu, già sottoscritto nel corso di queste settimane da migliaia di persone e personalità in un centinaio di Paesi della comunità internazionale. Io stesso l’ho sottoscritto e lo propongo ora a Marco Luzzi e a tutti i lettori: per l’adesione è possibile andare sul sito www.radicalparty.org o, per chi non avesse accesso o dimestichezza con Internet, è possibile ritagliarlo o fotocopiarlo dal giornale e inviarlo con la propria (e magari altrui) firma al Partito radicale (Via di Torre Argentina, 76 – 00186 Roma – Fax 06-68805396).

Sempre a Sondrio, Mariolina Nobili ha consegnato nei giorni scorsi, come apprendiamo dalle cronache, l’appello al Sindaco del capoluogo proponendogliene l’adesione e la sua presentazione in Consiglio comunale affinché, recependo la proposta, venga adottata una mozione urgente per chiedere al governo italiano un impegno in sede internazionale, con gli strumenti della politica e quindi della diplomazia, per ottenere l’esilio di Saddam e l’insediamento in Iraq di un governo provvisorio sotto l’egida dell’Onu con l’obbiettivo di creare le condizioni, nel termine di due anni, per il pieno esercizio dei diritti e delle libertà da parte dagli Iracheni. Anche quest’altra piccola cosa possiamo fare tutti e ciascuno di noi: proporre la firma dell’appello al nostro Sindaco, al Consigliere comunale, all’Assessore di Comunità montana o al Presidente della Provincia; chiedere loro che portino in discussione la proposta di concreta iniziativa politica nell’organismo istituzionale di cui fanno parte per giungere a un pronunciamento sulla stessa.

Non so se questo risponda pienamente al bisogno che il lettore avvertiva e ci comunicava. Certo, per assurdo e pazzesco che possa apparire al primo superficiale esame, mi sembra comunque qualcosa di molto più concreto e realistico che l’accodarci, nel chiuso delle nostre case o nelle manifestazioni di piazza, al coro di quanti predicano (Bush e Saddam in testa) o invocano semplicemente «la Pace!».

Es

(da 'l Gazetin, FEBBRAIO 2003)


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