Argomenti di BENEDETTO DELLA VEDOVA

Rai? Privatizzazione rapida

Perché… il difetto sta ne manico

 

La RAI è di nuovo finita nell'occhio del ciclone. Con le dimissioni dei Consiglieri di amministrazione Zanda e Donzelli (quelli "nominati" dal centrosinistra) e le "quasi dimissioni" del consigliere Staderini (in quota UDC, centristi cattolici della maggioranza) non siamo di fronte alla crisi di "questo" CdA, ma ad una altra tappa della lenta agonia della TV di Stato in Italia. Nessuno si illuda che altri membri o altri metodi di nomina dei consiglieri possano risolvere qualcosa.

Il difetto sta nel manico, come si dice, cioè nella interferenza politica e partitica nella gestione della televisione pubblica. Qualcuno sostiene che sarebbe possibile "sterilizzare" la gestione dell'azienda di Viale Mazzini da queste interferenze e fare della RAI una azienda pubblica ma indipendente, una specie di Banca d'Italia o, per rimanere nel settore, di BBC. A parte il fatto che, ormai, anche le nomine nella auterovolissima televisione di sua maestà la Regina Elisabetta sono oggetto di polemica politica tra il Labour di Blair e l'opposizione dei Conservatori, non credo che ciò sia realistico. La RAI, nata dalle ceneri dell'EIAR di Mussolini, ha nel suo dna la commistione con la politica.

Prima che la RAI fallisca definitivamente, politicamente e finanziariamente, la maggioranza ha davanti a sé una sola opzione seria e prudente: quella della privatizzazione, rapida e senza troppe condizioni. Sarebbe un modo per salvare l'azienda, per depotenziare l'influenza dell'attuale Presidente del Consiglio sulla TV italiana e per restituire alle istituzioni il ruolo proprio di legislatori, regolatori e "garanti" di un mercato libero e aperto nel mondo dell'informazione (una volta svincolate dalla proprietà e dalla gestione del principale gruppo televisivo nazionale).

Se poi, come abbiamo detto più volte, si dovesse ritenere che vi sono trasmissioni e programmi che le televisioni commerciali non garantirebbero, allo Stato resta la possibilità di appaltarli - non mancherebbero né le risorse economiche né gli strumenti normativi - alle televisioni private. In questo modo agli utenti verrebbe assicurato il "servizio pubblico" senza la pena, perché di questo ormai si tratta, di vedere la televisione da loro finanziata con canone usata come improprio terreno di lotta e di conquista politica.

b.dellavedova@agora.it

(da 'l Gazetin, DICEMBRE 2002)


Tempi nostri

RAI: privatizzazione e democrazia

di Marco Osti

L’on. Della Vedova è preoccupato per le sorti della RAI. Per evitarne il fallimento politico e finanziario non prevede che un’unica ricetta: «privatizzazione, rapida e senza troppe condizioni». Perché non c’è altra via? Perché la televisione pubblica italiana è soggetta a «interferenza politica e partitica nella sua gestione». Perché non farne una BBC italiana? Impossibile, questione di DNA: la RAI è nata dalle ceneri dell’EIAR, quindi la «commistione con la politica» è inevitabile (dove politica sta per regime).

Quali vantaggi si otterrebbero con la privatizzazione? È presto detto:

1. «salvare l’azienda»;

2. «depotenziare l’influenza dell’attuale Presidente del Consiglio sulla TV italiana»;

3. «restituire alle istituzioni il ruolo proprio di legislatori… (una volta svincolate dalla proprietà e dalla gestione del principale gruppo televisivo nazionale)».

Chi dovrebbe procedere alla privatizzazione? L’attuale maggioranza.

Vediamo bene.

1. Per l’attuale maggioranza (liberale e liberista, naturalmente) la RAI non deve essere salvata, ma scalzata dalla sua posizione di preminenza. Saccà e ciò che illegittimamente (sul piano politico) rimane del CdA lo stanno facendo giorno per giorno. Tre casi fra tanti: Biagi sostituito dal tragicomico Max e Tux; Santoro sostituito dall’improponibile chierichetto Socci; RAI 3 ridotta a TV di nicchia: tanta audience e tanti miliardi regalati a Mediaset.

In loro assenza aveva lavorato Gasparri bloccando la vendita di RAI way agli americani: era un’operazione del criminoso Zaccaria che avrebbe fruttato 8.000 miliardi di lire.

2. Berlusconi si è arricchito con la televisione, il mestiere lo conosce, di amici ne ha tanti (tutti suoi pari come Murdoch, Kirk, sceicchi arabi ecc.), di prestanome tantissimi (come nel caso Tele+). Si è sbranato Cecchi Gori, ha soffocato in culla La7, è pensabile che si lascerebbe sfuggire la RAI? Oggi in Italia, in fatto di TV, non si muove foglia che Lui non voglia.

3. Quanto al ruolo delle Istituzioni, qui l’argomentazione si fa impervia: Berlusconi non è anche il Presidente del Consiglio? La situazione televisiva gli sta bene così com’è, ma se costretto (non si sa da chi, per la verità) allora imporrebbe la legislazione in materia di TV con metodi bulgari come ha fatto in materia di giustizia. Sempre pro domo sua.

È vero che Berlusconi non è eterno, è vero che le maggioranze cambiano, ma siccome, secondo Della Vedova, bisognerebbe privatizzare in modo rapido e senza troppe condizioni, è inevitabile andare a sbattere contro quel macigno che ormai più nessuno vede: il conflitto di interessi.

Per come sono messe le cose in Italia credo che ci si scappi ormai più: se ne sono finalmente resi conto anche gli intelligentoni alla D’Alema. Lo sanno bene, ma fanno finta di niente, anche i liberisti-libertari alla Della Vedova i quali ci marciano pure: «senza troppe condizioni», senza neanche, cioè, inventare troppe sofisticherie nelle procedure dell’eventuale vendita. Chi ha capitali e interesse può accomodarsi. E chi sarebbe, quell’eventuale?

Un’ultima questione: quella della «interferenza politica e partitica».

La democrazia occidentale sta subendo una mutazione genetica: i politologi osservano preoccupati la deriva antipolitica e populistico-demagogica che sta intaccando i meccanismi che garantiscono la rappresentanza politica a tutti i ceti sociali. In una fase come questa un ruolo sempre più centrale è giocato dal sistema informativo, in particolare dalle televisioni, tanto che alcuni scienziati della politica parlano ormai di 4 poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario e informativo. Il sistema informativo, infatti non si limita a “informare” ma, più propriamente, “forma”: opinione, indirizzo, orientamento, sensibilità, sentimento, gusto estetico, eticità…

La politica non si dovrebbe occupare in prima persona di tutto questo? Si dovrebbe lasciar fare a chi ha più soldi? ai monopolisti? Che abbagli fa prendere l’ideologia liberista!

La politica, dico, e non la “partitica”, che ne è una degenerazione. Quindi se mai la RAI diventasse una BBC italiana con nomine della Presidenza della Repubblica, io ne sarei felice, felicissimo. Ma anche qui c’è da stare all’erta: fino a quando, dunque, o Ciampi, abuserai della di Lui pazienza?

Fa bene l’on. Della Vedova a essere preoccupato per le sorti della RAI perché con essa sono in ballo le sorti della democrazia in Italia. E la democrazia non è un frutto naturale: è costata sangue e bisogna volerla, giorno per giorno, e quando è minacciata difenderla con la partecipazione e la consapevolezza, non con le favole. L’on. Della Vedova usi il potere che gli deriva dal mandato elettorale e sollevi in sede europea il macroscopico problema della democrazia italiana, minacciata dalla più brutta e dalla più oppiacea televisione d’Europa.

(da 'l Gazetin, GENNAIO 2003)


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