Argomenti di BENEDETTO DELLA VEDOVA

Big del pallone e vincoli di bilancio

 

Il campionato di calcio, rito pagano per milioni di adepti fedeli in tutta la penisola, partirà in ritardo. Vi sono decine di squadre in crisi finanziaria e non si trova un accordo sull’ammontare e sulla divisione dei diritti televisivi. Il presidente della Lega Calcio Galliani, presidente del Milan e quindi uomo del Presidente del consiglio Berlusconi, ha chiesto che venga decretato lo stato di crisi per l’industria calcistica e vengano in qualche modo erogati contributi pubblici. A parer mio, sarebbe una follia.

Non ho problemi a riconoscere che il calcio, come buona parte dello sport, sia divenuto un business, e la cosa non mi disturba. Attorno al gioco del pallone si crea ogni anno una grandissima e appassionata attenzione, il che porta gli sponsor a investire milioni di euro. Non credo che ciò tolga valore o fascino alle competizioni, che non sono più “quella di una volta”, perché nulla è più “come una volta” (quando non c’era la tv, solo per fare un esempio). Proprio per questo coloro che gestiscono le squadre di calcio (alcune quotate in borsa) non possono pretendere di violare le regole di buona gestione di una qualsiasi attività con risvolti economici. La regola principale è quella dell’equilibrio di bilancio: le spese non possono, alla lunga, superare le entrate, altrimenti si fallisce.

Bene, semplicemente questo è accaduto: le squadre hanno cominciato a spendere troppo sperando che anche le entrate si moltiplicassero, in particolare quelle conseguenti alla vendita dei diritti televisivi per le competizioni calcistiche. A questo punto sarebbe folle pretendere che a rimettere in carreggiata le aziende calcistiche vengano utilizzati quattrini pubblici, così come lo sarebbe per qualsiasi altro tipo di aziende. Le società non debbono fare altro che adeguare i costi alle entrate. Visto che buona parte delle spese derivano dagli ingaggi dei giocatori, è naturale che questi siano i primi costi da ridurre. Non perché i giocatori guadagnino “troppo” secondo una valutazione astratta, moralistica, ma perché guadagnano più di quanto il mercato possa sostenere. Il vincolo di bilancio, quello che ogni buon padre di famiglia deve rispettare, vale anche per i big del pallone. Tutto qui.

(da 'l Gazetin, SETTEMBRE 2002)


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