Argomenti di BENEDETTO DELLA VEDOVA Barbarie e riforme |
Il Prof. Marco Biagi è caduto
sotto i colpi delle Brigate Rosse, un
manipolo di persone isolate in preda ad uno sterile delirio
terroristico e violento. Non hanno seguito. Non lo avranno. Hanno
ucciso inutilmente un uomo che aveva idee precise su cosa
servisse a questo paese; che credeva fortissimamente nelle sue
idee e che era disposto a collaborare con governi di differente
colore politico, purché intenzionati a trasformarle in progetti
di riforma del mercato del lavoro. Biagi era animato da rigore
intellettuale, una merce rara nellItalia delle fazioni. Tre
anni fa uccisero un consulente dei governi di centrosinistra,
Massimo DAntona, in un momento in cui non vi era alcun
clima di "scontro sociale". Contro costoro servono
operazioni di intelligence e di polizia,
nulla più, nulla di meno. Quelle che fino ad oggi sono mancate.
La tragica fine del professore bolognese, dunque, non può e non
deve essere collegata al duro confronto in corso tra governo e
sindacati.
Ciò detto, Sergio Cofferati e la CGIL e anche il resto
del mondo sindacale portano la responsabilità di imporre
al paese un clima da scontro finale giocando
strumentalmente sulla paura e lemotività dei cittadini.
Sergio Cofferati ha definito lassassinio delle Brigate
Rosse una barbarie. Giusto. Lo stesso termine
barbarie, però, Cofferati lo ha usato per censurare le proposte
di superamento dellarticolo 18 che da anni fanno i radicali
e che il Governo ha riproposto ora in forma assai blanda. Con che
coraggio si parla di barbarie, di attentato ai diritti
fondamentali, di colpo alla democrazia per una riforma che
renderebbe la nostra legislazione sul lavoro semplicemente più
simile a quella di paesi come la Gran Bretagna o la Danimarca?
Gli altri paesi europei quasi tutti dove non esiste
listituto del reintegro nel posto di lavoro per i
licenziati senza validi motivi sono "incivili"? Come si
fa a bollare come infamia una riforma che già oggi, nei fatti,
vale per tutti i dipendenti occupati in aziende con meno di 15
dipendenti? Forse che i piccoli imprenditori trattano come
schiavi i propri dipendenti?
Il mercato del lavoro italiano è stato definito, da ultimo dal
Professor Pietro Ichino, un uomo "di sinistra", il
peggior mercato del lavoro europeo. Cofferati, che difende gli
interessi dei suoi iscritti (nella stragrande maggioranza
pensionati e lavoratori "tutelati" dallart. 18),
può pensare che le riforme invocate da Marco Biagi e da
moltissimi altri anche "di sinistra" - siano
sbagliate e non destinate a portare i miglioramenti occupazionali
promessi. Può ritenere che le cose vadano bene così come sono o
che serva altro. È il gioco della democrazia. È
"normale" che un grande sindacato si opponga alle
riforme di un governo "moderato", di centrodestra o, se
qualcuno preferisce, "di destra". Ma è politicamente
irresponsabile, cinico e demagogico giocare sulla paura della
gente, sostenere che siano in causa diritti e valori
fondamentali. Usando, come spesso accade sullart. 18,
piccole e grandi bugie.
Per questo ritengo il Governo debba andare in fondo
sullart. 18, nonostante le piazze piene e gli scioperi: ha
dalla sua la maggioranza degli elettori e del Parlamento e
questo, nelle democrazie liberali, è la cosa più importante.
Pensiero unico e art. 18
di MARCO OSTI
I media, i cannoni
moderni dellOccidente puntati sul resto del mondo e sui
dissidenti interni, predicano ossessivamente il verbo
neoliberista: dobbiamo scordarci il posto fisso, dobbiamo essere
mobili e disponibili. E già lo siamo.
La new economy, così leggera ed immateriale, vuole
individui pronti a frullarsi con la stessa velocità della
comunicazione: persone che vorticano da un mestiere
allaltro, sicure di nulla se non dellincertezza,
carne da produzione, tutte a sgomitare in una giungla che fa
sopravvivere i più forti.
Quelli che soccombono si sfracellano: vanno ad infoltire le fila
sempre più grosse dei nuovi poveri. E per i nuovi poveri non
cè nessuna pietà: non hanno saputo giocarsi le loro chances,
sono dei perdenti su cui il neo-imbarbarimento fa cadere il peso
della vergogna e della disistima sociale. Non cè rete che
li protegga. Lo Stato assistenziale è distillato di
vetero-comunismo: quel che ne rimane va smantellato anzi, come ci
viene graziosamente detto, alleggerito.
I disastri del neoliberismo sono sotto gli occhi di tutti, basta
voler (o poter) vedere.
Prendiamo lArgentina. Che 20 milioni di Argentini (su 36)
siano poveri è un dettaglio trascurabile, un incidente di
percorso. Quelli del Fondo Monetario Internazionale ci dicono che
la ricetta, il neoliberismo, è buona, sono i cuochi che hanno
cucinato male. I cuochi argentini sono un manipolo di
ultraricchi, divenuti tali perché hanno rubato, hanno riciclato
denaro sporco, hanno trafficato armi, hanno violato ogni legge,
se ne sono fatte fare su misura dai loro sodali, i politici,
hanno lucrato su quanto di statale in Argentina è stato
privatizzato (cioè su tutto; manca solo laria), hanno
esportato sistematicamente tutti i dollari così
neoliberisticamente accumulati. Ora il dramma argentino non li
riguarda.
E non è questione di Sud America: il caso Enron, che tocca il
cuore del potere mondiale (leggi Bush), è anchesso un
concentrato di atti criminosi.
Ma torniamo ai cuochi: quelli italiani cosa stanno cucinando?
Tremonti fa una riforma fiscale che colpisce i ceti medio-bassi a
tutto vantaggio dei ricchi; Sirchia annuncia che lo Stato non
può rispondere a tutti e prefigura una sanità italiana sul
modello Formigoni-Compagnia delle Opere; la Moratti taglia
36.000 cattedre, cancella tempo pieno, tempo prolungato e
sperimentazioni, seleziona a 13 anni chi dovrà lavorare (ai
livelli più dequalificati) e chi potrà studiare; Berlusconi
ringhia che se il sindacato va allo scontro sullart. 18 (una
bazzecola) allora gliene darà una ragione vera (pensioni a
65 anni e taglio delle erogazioni delle pensioni obbligatorie).
LItalia non è lArgentina: non è prefigurabile un
disastro sociale simile, ma il menù ha gli stessi sapori.
È una menzogna che la liberazione delle forze economiche sia
sinonimo di benessere sociale per tutti: è, invece, sinonimo di
disuguaglianza, su cui si fonda e di cui si nutre il mercato
senza regole: che stritola i deboli, che elegge il profitto a
parametro della vita, che si fa beffe delletica [Nelle
borse valori di Dio si ride (Nietzsche)].
Questo del pensiero unico è un meccanismo tanto autoreferente
che anche ai vincenti non si schiudono orizzonti di vita vera:
prima o poi cadono in depressione (ormai malattia sociale
dellOccidente); cercano brandelli di falsa felicità in
surrogati chimici sempre più vari e potenti; vivono di miti
indotti come quello del salutismo e del fitness; si
misurano quotidianamente con modelli preconfezionati veicolati
dalla TV; inseguono emozioni estreme (pedofilia, sesso estremo,
corse folli in auto con scommesse
) perché ridotti a
deserti emotivi.
Il profondo malessere che viene da una vita a testa in giù (non
si produce più per vivere, ma si vive per produrre e accumulare)
si manifesta, di tanto in tanto, nei punti deboli del tessuto
sociale con esplosioni clamorose: Chiavenna, Novi Ligure, Cogne.
Il neoliberismo e la sua ideologia violenta (altro che fine delle
ideologie!) consumano esseri umani, fanno della vita, che per le
persone continua a essere una sola, una mezza vita se non, sempre
più spesso, qualcosa che non è degno di essere vissuto.
Ecco, il punto è qui: la dignità.
Fin dal primo momento in cui si è cominciato a parlare di
revisione dellart. 18, Cofferati ha preso una posizione che
si fonda non solo su argomentazioni economiche ma soprattutto di
civiltà: la violazione arbitraria del diritto al lavoro di una
persona non può essere compensata da nessuna somma. La dignità
non ha prezzo.
Cofferati non è un filosofo, è un sindacalista, e sa benissimo
che la libertà di licenziare è un regalo agli industriali che
possono poi accedere a nuove assunzioni con sgravi contributivi
dal 3 al 5 %, con relative minori entrate per lINPS (ma
allora, chi attenta al futuro delle giovani generazioni? I
pensionati che manifestano o questo governo? Provvederanno,
forse, le pensioni integrative Mediolanum?).
Cofferati è dipinto come uno scarto residuale di tutto ciò che
è vecchio (lo Stato sociale, il comunismo
) e che verrà
spazzato via dallinarrestabile logica della globalizzazione
neoliberista.
Può essere, ma la Storia non è finita (troppo presto ne è
stata ideologicamente celebrata la fine); questa non è la prima
ondata di neoliberismo. Ce ne sono state altre: sono cominciate e
sono finite. Perché qualcuno vi ha posto fine. I costi, in
termini di vite umane, sono sempre stati altissimi. Anche questa
volta sembra che debba essere così: terrorismo, Afghanistan,
soluzione finale della questione palestinese
Iraq? Iran?
Corea del Nord?
Sempre cè stata di mezzo laspirazione
alluguaglianza di tutti nei diritti e nelle opportunità.
Anche oggi è così.
La lotta per la difesa dellart. 18 ha assunto una valenza
che va ben al di là delle rivendicazioni sindacali. Lo hanno
capito tutti, anche Berlusconi il quale, oltre ad averlo capito,
lo teme anche proprio perché gli mette di fronte milioni di
persone che pensano ad un futuro del tutto diverso da quello che
hanno in mente lui e i potenti che lui rappresenta.
Ed è un futuro (un presente?) in cui a nessuno sia più imposto
di vivere una vita impossibile, ma in cui ciascuno possa
modellarsi una vita degna di essere vissuta: la sua.
P.S. - Larticolo è stato scritto il 17 marzo. Ciò che è successo dal 19 al 23 (lassassinio del prof. Marco Biagi e la manifestazione di Roma) non mi induce a cambiare nulla, anzi conferma due cose: 1) che la violenza del sistema genera risposte violente e criminali per quanto lucidamente cieche e disperate; 2) che se milioni di persone si mobilitano in nome della solidarietà e della democrazia, allora vuol dire che non passeranno né la logica del terrore né quella del pensiero unico.
[Per esigenze di menabò, per dare analogo risalto a entrambe le posizioni su quello che è l'argomento del giorno per la politica italiana, dal "Periscopio" l'opinione di M. Osti "avanza" nella sezione attualità/dibattito che abitualmente apre il giornale - ndd]
(da 'l Gazetin, APRILE 2002)
Torna/vai alla Home Page Gazetin