Argomenti di BENEDETTO DELLA VEDOVA

CONFLITTO DI INTERESSI E ALTRE ANOMALIE ITALIANE
Meglio una soluzione non ottimale
che una legge infelice
E per la Rai la privatizzazione resta l'unica strada

Non c’è certo bisogno di fare il girotondo intorno al Palazzo di Giustizia di Roma o di ritrovarsi tra i quarantamila del Palavobis per capire quanto anomala sia la situazione italiana e, soprattutto, quanto lo sia quella del Presidente del Consiglio. Le democrazie liberali si fondano sulla distinzione dei poteri e sulla loro dialettica. Regola non scritta è quella che si distingua anche tra potere economico e potere politico. Insomma, per un liberale sarebbe meglio che l’imprenditore più ricco del paese, al comando tra l’altro del principale gruppo televisivo privato, pensasse a ben gestire le proprie imprese lasciando ad altri il compito di governare l’intera nazione. Ma in Italia altro è accaduto e accade: Silvio Berlusconi ha guidato una coalizione che ha vinto le elezioni e ora è Presidente del Consiglio. Poteva non accadere, ma è accaduto. Gli storici, tra qualche decennio, spiegheranno se questa anomalia sia stata o no il frutto diretto di un’altra anomalia: l’eliminazione repentina compiuta dalla magistratura, dopo decenni di connivenza, di un’intera classe politica, quella al governo nei decenni precedenti al 1992. Non voglio qui discutere della stagione di mani pulite, ma è chiaro che, anche in politica, i vuoti sono fatti per essere riempiti; anche quando sono vuoti parziali, che riguardano cioè una metà dello schieramento politico. Berlusconi, guidando gli alleati, ha riempito quel vuoto grazie al consenso di milioni di italiani che pure ne conoscevano il grande "conflitto di interessi". Sia chiaro, il voto popolare non è un lavacro che possa sanare qualsiasi incongruenza con la Costituzione e le leggi. Ma in Italia un principio costituzionale o una legge che impedissero a Berlusconi di arrivare dove è arrivato, di fatto, non c’era e non c’è. A qualcuno può dispiacere, ma è così.

Nella scorsa legislatura la maggioranza ulivista non ha saputo – e/o voluto – varare una legge che regolasse il conflitto di interessi in generale ed in particolare quello dell’allora capo dell’opposizione. Ora, incalzata dalla sinistra e dalle piazze, la maggioranza della "Casa delle Libertà" ha votato alla Camera dei deputati una legge che costringerebbe Berlusconi a lasciare la Presidenza del Milan ma non a cedere la proprietà di Mediaset. Non so, francamente, se fosse possibile scrivere una buona legge che non contenesse un articolo tipo: Silvio Berlusconi non può fare il Presidente del Consiglio, ma questo testo non è proprio un gran che, diciamolo. A questo punto la mia convinzione è che sarebbe meglio non fare nessuna legge. Il conflitto di interessi è evidente e sotto gli occhi di tutti. Si lasci governare il Cavaliere evidenziando ogni decisione e ogni atto del Governo anche solo sospetti di favorirne le aziende in contrapposizione ad un interesse più generale. L’opinione pubblica è meno sprovveduta di quanto si pensi e saprà valutare se Berlusconi approfitterà della posizione per favorire se stesso. È la soluzione ottimale? Certo che no, ma una legge infelice sarebbe un male ancora peggiore. Anziché sperare di trarre giovamento da uno scontro all’ultimo sangue, l’opposizione farebbe meglio a seguire questa via.

La Rai, in conclusione. Se la precedente maggioranza avesse superato le resistenze e l’avesse privatizzata, oggi non si porrebbe il problema di avere i sei principali canali televisivi che, seppure in modi totalmente diversi, sono riconducibili all’influenza del Capo del Governo. Bene, si ricominci subito la battaglia politica per la privatizzazione della Rai.

(da 'l Gazetin, MARZO 2002)


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